Bundesstrafgericht Tribunal pénal fédéral Tribunale penale federale Tribunal penal federal
Numero dell’incarto: RR.2020.215-216
Sentenza del 14 dicembre 2020 Corte dei reclami penali
Composizione
Giudici penali federali Roy Garré, Presidente, Patrick Robert-Nicoud e Stephan Blättler, Cancelliere Giampiero Vacalli
Parti
A. SA in liquidazione,
B., entrambi rappresentati dall'avv. Rocco Taminelli,
Ricorrenti
contro
Ministero pubblico della Confederazione,
Controparte
Oggetto
Assistenza giudiziaria internazionale in materia penale alla Città del Vaticano
Consegna di mezzi di prova (art. 74


Fatti:
A. Il 19 dicembre 2019, il Promotore di Giustizia del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano ha presentato alla Svizzera una domanda d’assistenza giudiziaria nell’ambito di un procedimento penale avviato nei confronti di B., C., D., E. e altri per titolo di abuso d’autorità (art. 175 CP/VA), peculato (art. 168 CP/VA), corruzione (art. 171-174 CP/VA), riciclaggio di denaro, autoriciclaggio e impiego di proventi di attività criminose (art. 421, 421 bis e 421 ter CP/VA) e associazione a delinquere (art. 248 CP/VA). Le indagini vaticane hanno quale oggetto un’operazione di investimento immobiliare a Londra, effettuata con finalità speculative e finanziato, in parte, anche con denaro nella disponibilità della Segreteria di Stato e da questa possedute con vincolo di scopo per il sostegno delle attività con fini religiosi e caritatevoli del Santo Padre (cosiddetto Obolo di San Pietro). Con la sua domanda di assistenza, l’autorità rogante ha chiesto, tra l’altro, l’acquisizione della documentazione concernente le relazioni bancarie di B. e delle società a lui riconducibili, nonché il sequestro dei valori ivi depositati (v. act. 11.1, pag. 10 e seg.).
B. Con decisione del 24 gennaio 2020, il Ministero pubblico della Confederazione (in seguito: MPC), cui l'Ufficio federale di giustizia (in seguito: UFG) ha delegato l'esecuzione della domanda, è entrato nel merito della stessa (v. act. 1.2, pag. 5).
C. Con decisione incidentale del medesimo giorno, il MPC ha ordinato l’edizione della documentazione bancaria concernente la relazione n. 1 presso la banca F., intestata a A. SA in liquidazione, confermando nel contempo il sequestro dei valori patrimoniali depositati sul conto, già decretato in data 22 novembre 2019 in virtù dell’art. 18

D. Con decisione di chiusura del 4 agosto 2020, il MPC ha ordinato la trasmissione alle autorità vaticane di svariata documentazione bancaria concernente la relazione di cui sopra nonché il mantenimento del blocco dei valori (v. act. 1.2).
E. Il 9 settembre 2020, A. SA in liquidazione e B. hanno interposto ricorso avverso la suddetta decisione di chiusura dinanzi alla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale postulandone l’annullamento, con conseguente reiezione della rogatoria vaticana e sblocco del conto (v. act. 1).
F. Con lettera del 18 settembre 2020, i ricorrenti, riferendosi al loro gravame, hanno comunicato “di ritirare lo stesso limitatamente al petitum N. 2, rispettivamente dispositivo N. 3 della querelata decisione, riferito alla richiesta di sblocco della relazione bancaria. Il ricorso resta per contro effettivo avverso i dispositivi NN. 1 e 2 e quindi il petitum N. 1 è mantenuto” (act. 4).
G. Con scritto del 7 ottobre 2020, l’UFG ha comunicato di rinunciare a presentare una risposta al gravame, rimettendosi al giudizio di questo Tribunale (v. act. 10). Con risposta del 16 ottobre 2020, il MPC chiede che il ricorso sia respinto, nella misura della sua ammissibilità (v. act. 11).
H. Con replica del 30 novembre 2020, trasmessa all’UFG e al MPC per conoscenza (v. act. 18), i ricorrenti hanno confermato le proprie conclusioni ricorsuali (v. act. 17).
Le ulteriori argomentazioni delle parti verranno riprese, nella misura del necessario, nei successivi considerandi in diritto.
Diritto:
1.
1.1 La Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale giudica i ricorsi contro le decisioni di prima istanza delle autorità cantonali o federali in materia di assistenza giudiziaria internazionale, salvo che la legge disponga altrimenti (art. 25 cpv. 1


1.2 In assenza di trattati internazionali, ai rapporti di assistenza giudiziaria internazionale in materia penale tra la Città del Vaticano e la Svizzera si applica la legge federale sull'assistenza internazionale in materia penale del 20 marzo 1981 (AIMP; RS 351.1), unitamente alla relativa ordinanza (OAIMP; RS 351.11; v. art. 1 cpv. 1

1.3 La procedura di ricorso è retta dalla legge federale sulla procedura amministrativa del 20 dicembre 1968 (PA; RS 172.021) e dalle disposizioni dei pertinenti atti normativi in materia di assistenza giudiziaria (art. 39 cpv. 2 lett. b


1.4 Interposto tempestivamente contro la sopraccitata decisione di chiusura, il ricorso del 9 settembre 2020 è ricevibile sotto il profilo degli art. 25 cpv. 1




2. La ricorrente contesta l’esposto dei fatti contenuto nella rogatoria, affermando che questa non indicherebbe nessun reato penale a suo carico, ciò che non permetterebbe di verificare il rispetto del principio della doppia punibilità.
2.1
2.1.1 Per quanto attiene alla domanda di assistenza, l’art. 28

2.1.2 In concreto, dalla rogatoria risulta che “tra novembre 2018 e maggio 2019 la Segreteria di Stato Vaticana ha effettuato le seguenti operazioni finanziarie: 1. Disinvestimento dal Fondo G., comparto della Fund H. riferibile al finanziere B. 2. Acquisto dell’intera proprietà dell’immobile sito a Londra, di cui era proprietaria solo al 45%, per mezzo della società I. SA di C. 3. Estromissione di C. dall’investimento mediante un pagamento di 15 milioni di Euro e passaggio di proprietà dell’immobile alla società J. SA, newco interamente posseduta dalla Segreteria di Stato. Tali operazioni, effettuate con la consulenza del gestore patrimoniale di fiducia della Segreteria di Stato, E., hanno visto l’impiego di somme a destinazione vincolata e con il ricorso a schemi di investimento non trasparenti né coerenti con le normali prassi che regolano gli investimenti immobiliari (da qui l’ipotesi di peculato per distrazione) generato ingenti danni al patrimonio della Santa Sede. L’Ufficio Amministrativo della Segreteria di Stato che ha seguito i fatti, e che allo stato delle indagini è gravemente indiziato dei reati sopra ipotizzati, era composto da: K. (Capo Ufficio), D. (funzionario) e L. (funzionario). Si evidenzia come l’investimento nel fondo G. origina da due finanziamenti erogati dalle banche M. e N., entrambi gestiti da E., per un totale di 200,5 milioni di USD. Alla data del 30-9-2019 tali finanziamenti risultavano ancora in essere per un importo pari a 172 milioni di Euro presso la banca M., garantiti dal pegno generale sulle disponibilità rivenienti dalle offerte dei fedeli per il c.d. Obolo di San Pietro e da altri fondi aventi vincolo di scopo. Il ricorso a questa struttura finanziaria, realizzata attraverso la costituzione in pegno dei fondi vincolati anziché attraverso l’impiego diretto delle disponibilità liquide (cd. Credito Lombard), a parere di questo Ufficio, rappresenta la forte evidenza indiziaria del fatto che essa abbia rappresentato un escamotage per non rendere visibile – come del resto avvenuto per moltissimi anni – la distrazione compiuta. Appare inspiegabile il fatto che, a fronte di liquidità disponibili presso la banca M. per oltre 450 milioni di Euro e concesse in pegno alla banca, la Segreteria di Stato abbia fatto ricorso ad un finanziamento” (act. 11.1, pag. 2 e seg.).
Dopo aver fornito i dettagli delle tre fasi sopraelencate (v. 11.1, pag. 2 e segg.), l’autorità rogante afferma che “allo stato delle indagini i danni arrecati al patrimonio della Segreteria di Stato per effetto delle condotte distrattive sopra descritte, risultano di importo ingente (attualmente quantificabili in non meno di 300 milioni di euro)” (act. 11.1, pag. 5). L’esposto dei fatti contenuto nella rogatoria, conforme all'art. 28

2.2
2.2.1 Nel diritto interno, il principio della doppia punibilità è espresso all'art. 64 cpv. 1

2.2.2 In concreto, i fatti contestati agli indagati (v. supra Fatti lett. A e consid. 2.1.2) possono perlomeno essere sussunti ai reati di amministrazione infedele (art. 158



3. L’insorgente afferma che la trasmissione della documentazione litigiosa violerebbe il principio della proporzionalità, data l’estraneità della stessa a qualsivoglia fattispecie penale nonché all’operazione finanziaria immobiliare descritta nella rogatoria, anche perché la maggior parte degli accrediti e addebiti indicati nella decisione impugnata sarebbero antecedenti all’operazione londinese, e in ogni caso concernerebbero persone giuridiche e fisiche che nulla avrebbero a che vedere con la fattispecie in questione. La presente procedura costituirebbe in realtà una fishing expedition.
3.1 Il principio della proporzionalità esige che vi sia una connessione fra la documentazione richiesta e il procedimento estero (DTF 139 II 404 consid. 7.2.2; 136 IV 82 consid. 4.1/4.4; 130 II 193 consid. 4.3; 129 II 462 consid. 5.3; 122 II 367 consid. 2c; TPF 2017 66 consid. 4.3.1), tuttavia la questione di sapere se le informazioni richieste nell'ambito di una domanda di assistenza siano necessarie o utili per il procedimento estero deve essere lasciata, di massima, all'apprezzamento delle autorità richiedenti (DTF 136 IV 82 consid. 4.1; sentenza del Tribunale penale federale RR.2019.257 del 12 febbraio 2020 consid. 2.1). Lo Stato richiesto non dispone infatti dei mezzi per pronunciarsi sull'opportunità di assumere determinate prove e non può sostituirsi in questo compito all'autorità estera che conduce le indagini (DTF 132 II 81 consid. 2.1 e rinvii). La richiesta di assunzione di prove può essere rifiutata solo se il principio della proporzionalità è manifestamente disatteso (DTF 139 II 404 consid. 7.2.2 pag. 424; 120 Ib 251 consid. 5c; sentenza del Tribunale penale federale RR.2017.21 dell'8 maggio 2017 consid. 3.1 e rinvii) o se la domanda appare abusiva, le informazioni richieste essendo del tutto inidonee a far progredire le indagini (DTF 136 IV 82 consid. 4.1; 122 II 134 consid. 7b; 121 II 241 consid. 3a; sentenza del Tribunale penale federale RR.2017.21 dell'8 maggio 2017 consid. 3.1 e rinvii).
Inoltre, da consolidata prassi, quando le autorità estere chiedono informazioni per ricostruire flussi patrimoniali di natura criminale si ritiene che necessitino di regola dell'integralità della relativa documentazione, in modo tale da chiarire quali siano le persone o entità giuridiche coinvolte (v. DTF 129 II 462 consid. 5.5; 124 II 180 consid. 3c inedito; 121 II 241 consid. 3b e c; sentenze del Tribunale federale 1A.177/2006 del 10 dicembre 2007 consid. 5.5; 1A.227/2006 del 22 febbraio 2007 consid. 3.2; 1A.195/2005 del 1° settembre 2005 in fine; sentenza del Tribunale penale federale RR.2019.257 del 12 febbraio 2020 consid. 2.1). Lo Stato richiedente dovrebbe in linea di principio essere informato di tutte le transazioni effettuate attraverso i conti coinvolti. Si tratta di quei conti, come nel caso in esame, suscettibili di un utilizzo con finalità criminali. L’autorità richiedente ha un interesse ad essere informata di qualsiasi transazione che possa far parte del meccanismo delittuoso messo in atto dalle persone sotto inchiesta (decisione del Tribunale penale federale RR.2014.4 del 30 luglio 2014 consid. 2.2.2). Naturalmente è anche possibile che i conti contestati non siano stati utilizzati per ricevere proventi di reati o per effettuare trasferimenti illeciti o riciclare fondi, ma l’autorità richiedente ha comunque interesse a poterlo verificare essa stessa, sulla base di una documentazione completa, tenendo presente che l’assistenza reciproca è finalizzata non solo alla raccolta di prove incriminanti ma anche a discarico (sentenza del Tribunale federale 1A.88/2006 del 22 giugno 2006 consid. 5.3; decisione del Tribunale penale federale RR.2007.29 del 30 maggio 2007 consid. 4.2). La trasmissione dell'intera documentazione potrà evitare altresì che le autorità debbano inoltrare eventuali domande complementari (DTF 136 IV 82 consid. 4.1; 121 II 241 consid. 3; sentenza del Tribunale federale 1C_486/2008 dell'11 novembre 2008 consid. 2.4; sentenza del Tribunale penale federale RR.2011.113 del 28 luglio 2011 consid. 4.2), con evidente intralcio alle esigenze di celerità (v. anche art. 17a cpv. 1


AIMP è esclusa soltanto per quei mezzi di prova certamente privi di rilevanza per il procedimento penale all'estero (DTF 134 II 318 consid. 6.4; 126 II 258 consid. 9c; 122 II 367 consid. 2c; 121 II 241 consid. 3a e b; TPF 2010 73 consid. 7.1). Il principio dell’utilità potenziale gioca un ruolo cruciale nell'ambito dell'assistenza in materia penale. Lo scopo di tale cooperazione è proprio quello di favorire la scoperta di fatti, informazioni e mezzi di prova, compresi quelli di cui l'autorità estera non sospetta neppure l'esistenza. Non si tratta soltanto di aiutare lo Stato richiedente a provare i fatti evidenziati dall'inchiesta, ma di svelarne altri, se ne esistono. Ne deriva, per l'autorità d'esecuzione, un dovere di esaustività che giustifica la comunicazione di tutti gli elementi da essa raccolti e potenzialmente idonei alle indagini estere, al fine di chiarire in tutti i suoi aspetti i meccanismi delittuosi sotto la lente degli inquirenti esteri (sentenze del Tribunale penale federale RR.2010.173 del 13 ottobre 2010 consid. 4.2.4/a e RR.2009.320 del 2 febbraio 2010 consid. 4.1; Zimmermann, La coopération judiciaire internationale en matière pénale, 5a ediz. 2019, n. 722, pag. 798 e seg.). Vietata in particolare è la cosiddetta fishing expedition, la quale è definita dalla giurisprudenza una ricerca generale ed indeterminata di mezzi di prova volta a fondare un sospetto senza che esistano pregressi elementi concreti a sostegno dello stesso (DTF 137 I 218 consid. 2.3.2; 125 II 65 consid. 6b/aa pag. 73 e rinvii; TPF 2007 57 consid. 6.1). Tale divieto si fonda semplicemente sul fatto che è inammissibile procedere a casaccio nella raccolta delle prove (DTF 113 Ib 257 consid. 5c; sentenza del Tribunale penale federale RR.2017.21 dell’8 maggio 2017 consid. 3.1).
3.2 In concreto, l'utilità potenziale della documentazione litigiosa è certamente data, già solo per il fatto che B., avente diritto economico della relazione in questione, è indagato nel procedimento estero per reati patrimoniali. L’autorità rogante ha affermato ch’egli è la persona che, attraverso le sue diverse società, ha tratto il maggior vantaggio dall’operazione di Londra (v. act. 11.1, pag. 5). Infatti, “a fronte di un esborso pari a 250 milioni di Euro, la Segreteria di Stato si trova oggi proprietaria di un immobile che sulla carta varrebbe 260 milioni di Euro, ma per assicurarsi la piena proprietà del quale, avrà sostenuto alla fine – tra quanto già esborsato e quanto dovrà ancora pagare – un costo (al netto degli interessi dei vari mutui in essere) pari a oltre 360 milioni di Euro. A tale importo bisogna aggiungere le ulteriori somme che la Segreteria di Stato ha corrisposto a B. per mezzo delle sue società”, ossia “commissioni di gestione relative al Fondo G. (2013-2018): 16 milioni di Euro pari al 2% annuo, incassati da O. Sarl; commissioni per il contratto di Advisory Investment relative al mutuo P. incassate dalla società Q. Limited; c.a. 2 milioni di Euro come Investment Advisor richiesto dal finanziatore P. per l’erogazione del prestito di 128 mln/GBP; morosità per canoni di locazione non pagati nell’immobile a Londra; c.a. 243 mila Euro non pagati da società della moglie di B., R. (ditta S.) dal 2016 al 2018 e ditta T. dal 2018 al 2022)”. L’autorità rogante ricorda inoltre che “B. ha investito somme della Segreteria di Stato in strumenti finanziari di società a sé stesso riferibili (ditta AA.) nelle quali aveva degli interessi personali (banca BB., banca CC., DD.) o comunque in strumenti finanziari speculativi ed illiquidi (EE. Srl, FF. Srl, Sorgente GG.-Fondo HH.), generando ingenti perdite alla Sante Sede”. Secondo le autorità vaticane, “le indagini in corso hanno consentito di verificare che l’operazione di B. è stata effettuata in complicità con funzionari della Segreteria di Stato, che venivano informati dallo stesso sulla gestione del Fondo e sui relativi risultati economici, nonché con altri soggetti” (act. 11.1, pag. 6). Data la natura dei reati contestati a B., tutta la documentazione bancaria litigiosa deve essere messa a disposizione dell'autorità rogante, affinché
questa abbia una visione completa dei flussi di denaro intervenuti sul conto oggetto del sequestro, anche in relazione a operazioni intervenute prima dell’operazione immobiliare londinese. L'autorità d'esecuzione ha del resto elencato tutta una serie di addebiti e accrediti di somme importanti intervenuti sulla relazione della ricorrente che devono essere analizzati e approfonditi dalle autorità vaticane, per verificare l'eventuale esistenza di altre operazioni sospette (v. act. 1.2, pag. 10 e segg.).
Spetterà comunque al giudice estero del merito chinarsi sulle contestazioni dei fatti e/o reati formulate dalla ricorrente nonché valutare se dalla documentazione inoltrata emerge in concreto una connessione penalmente rilevante fra i fatti oggetto della procedura penale nella Città del Vaticano e detta documentazione. Alla luce della domanda rogatoriale risulta che tutta la documentazione litigiosa è potenzialmente utile per l’inchiesta, motivo per cui la sua trasmissione rispetta il principio della proporzionalità e non costituisce una fishing expedition.
4. L'autorità che entra nel merito di una domanda d'assistenza giudiziaria internazionale e, in esecuzione della stessa, ordina un sequestro, deve verificare che tale provvedimento abbia un legame sufficientemente stretto con i fatti esposti nella domanda e non sia manifestamente sproporzionato per rapporto all’oggetto di quest'ultima (DTF 130 II 329 consid. 3; sentenza del Tribunale federale 1C_513/2010 dell'11 marzo 2011 consid. 3.3). Lo Stato richiedente deve comunque apportare elementi che dimostrino, almeno a prima vista, che i conti per i quali si chiede il sequestro siano effettivamente stati utilizzati per trasferire fondi di cui si sospetta l’origine delittuosa (DTF 130 II 329 consid. 5.1 e riferimenti ivi citati).
Ebbene, visto quanto esposto in precedenza (v. supra consid. 3.2) nonché il danno globale di non meno di EUR 300 milioni indicato dall’autorità rogante (v. supra consid. 2.1.2), importo decisamente superiore ai valori qui sequestrati, è senz'altro possibile concludere che esistono elementi sufficienti per confermare il sequestro della relazione intestata alla ricorrente. Il potenziale nesso fra il denaro sequestrato e i reati contestati a B. è dato: toccherà poi all'autorità estera accertare se il denaro in questione è effettivamente di origine illecita. In caso affermativo, esso potrebbe fare l'oggetto di una decisione di confisca o di restituzione all'avente diritto nello Stato richiedente (v. art. 74a cpv. 1 e


5. Nella misura in cui non si vede come l’acquisizione degli incarti RR.2019.327 e RR.2020.44-45 possa modificare le predette conclusioni, la relativa richiesta va respinta. Inoltre, essendo la procedura dinanzi a questa Corte di principio scritta e avendo la ricorrente potuto esprimersi sufficientemente nell’ambito della presente procedura, pure da disattendere è la sua domanda di audizione per via rogatoriale o videoconferenza formulata in sede di replica, dato che non si vede quali elementi probatori di rilievo potrebbero essere in tal modo apportati.
6. In definitiva, preso altresì atto del ritiro parziale del gravame formulato con scritto del 18 settembre 2020 (v. act. 4), la decisione impugnata va confermata e il gravame integralmente respinto, nella misura della sua ammissibilità.
7. Le spese seguono la soccombenza (v. art. 63 cpv. 1


Per questi motivi, la Corte dei reclami penali pronuncia:
1. Nella misura della sua ammissibilità, il ricorso è respinto.
2. La tassa di giustizia di fr. 3'000.– è messa a carico dei ricorrenti. Essa è coperta dall’anticipo delle spese già versato.
Bellinzona, 15 dicembre 2020
In nome della Corte dei reclami penali
del Tribunale penale federale
Il Presidente: Il Cancelliere:
Comunicazione a:
- Avv. Rocco Taminelli
- Ministero pubblico della Confederazione
- Ufficio federale di giustizia, Settore Assistenza giudiziaria
Informazione sui rimedi giuridici
Il ricorso contro una decisione nel campo dell’assistenza giudiziaria internazionale in materia penale deve essere depositato presso il Tribunale federale entro 10 giorni dalla notificazione del testo integrale della decisione (art. 100 cpv. 1 e


