2A.464/1999
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2A.464/1999
II CORTE DI DIRITTO PUBBLICO
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19 giugno 2000
Composizione della Corte: giudici federali Wurzburger, presidente, Müller e Ramelli, supplente.
Cancelliera: Ieronimo Perroud.
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Visto il ricorso di diritto amministrativo presentato il 14 settembre 1999 da A.________ (12. 02.1964), Agno, patrocinato dall'avv. Désirée Rinaldi, Lugano, contro la sentenza emessa il 26 luglio 1999 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino nella causa in materia di permesso di domicilio (decadenza in seguito a soggiorno all'estero) che oppone il ricorrente al Consiglio di Stato del Cantone Ticino;
Ritenuto in fatto :
A.- A.________ (1964), cittadino italiano, è domiciliato in Svizzera dalla nascita, da ultimo nel Comune di Agno ove si è trasferito nel 1987. Il 17 agosto 1995 si è sposato con la connazionale B.________ (1968); in un primo tempo, quest'ultima è rimasta in Italia e ha poi raggiunto il marito nel mese di marzo 1998. A.________ è socio gerente della X.________, che ha per scopo l'esercizio di un garage; egli percepisce una rendita AI e, dal novembre 1997, è parzialmente inabile al lavoro per malattia.
B.- L'8 luglio 1998 la Sezione degli stranieri (ora Sezione dei permessi e dell'immigrazione) del Cantone Ticino, costatato che A.________ risiedeva da tempo e in modo stabile a Lavena Ponte Tresa (I), gli ha comunicato che il suo permesso di domicilio era decaduto in applicazione dell'art. 9 cpv. 3 lett. c

Detta decisione è stata confermata su ricorso dapprima dal Consiglio di Stato del Cantone Ticino, il 31 marzo 1999, e poi dal Tribunale cantonale amministrativo, il 26 luglio 1999.
C.- Il 14 settembre 1999 A.________ ha esperito dinanzi al Tribunale federale un ricorso di diritto amministrativo, con cui chiede che la sentenza cantonale sia annullata e che venga confermata la validità del suo permesso di domicilio. Adduce, in sostanza, un erroneo ed incompleto apprezzamento dei fatti e un'errata interpretazione del concetto di residenza effettiva ai sensi della legislazione in materia di dimora e di domicilio degli stranieri.
Chiamati ad esprimersi, il Consiglio di Stato, senza formulare osservazioni, e l'Ufficio federale degli stranieri hanno proposto la reiezione del gravame. Rinunciando ad una presa di posizione, il Tribunale cantonale amministrativo ha chiesto la conferma del proprio giudizio.
Considerando in diritto :
1.-a) Il Tribunale federale si pronuncia d'ufficio e con pieno potere d'esame sull'ammissibilità del rimedio sottopostogli (DTF 124 I 11 consid. 1; 123 II 231 consid. 1 e rispettivi rinvii).
b) In materia di diritto degli stranieri il ricorso di diritto amministrativo non è proponibile contro il rifiuto o il rilascio di un permesso di dimora o di domicilio, salvo laddove un diritto all'ottenimento di un simile permesso si fonda su una disposizione del diritto federale o di un trattato internazionale (art. 100 cpv. 1 lett. b n. 3






Il quesito di sapere se un simile permesso sussista o se si sia estinto è invece una questione di merito e non di ammissibilità (cfr. RDAT 1993 II n. 54 consid. 2b).
2.- Con il rimedio esperito il ricorrente può fare valere la violazione del diritto federale, compreso l'eccesso o l'abuso del potere d'apprezzamento, nonché la lesione dei diritti costituzionali (art. 104 lett. a





3.-a) Il Tribunale cantonale amministrativo ha rilevato che, secondo i controlli della polizia comunale eseguiti tra il 23 marzo e il 6 aprile 1998, il ricorrente, contrariamente a quanto notificato, non abita presso il fratello nell'appartamento di Via Y.________ ad Agno.
Nella sentenza impugnata sono inoltre riportati ampi stralci dei verbali degli interrogatori del ricorrente e di sua moglie, avvenuti il 9 giugno 1998 davanti alla polizia cantonale.
Vi si legge che dal 1° marzo 1998 i coniugi occupano gratuitamente un appartamento di proprietà della madre del ricorrente a Lavena Ponte Tresa (I). Il marito ha dichiarato che, durante quel periodo, ha dormito una sola volta nell'appartamento di suo fratello; la moglie, dopo qualche esitazione, ha precisato di avere preso alloggio in Italia nell'appartamento della suocera con il marito, il quale, dal 1° marzo 1998, ha sempre dormito lì. Fondandosi su queste ammissioni e sugli accertamenti di polizia, i giudici cantonali hanno posto in dubbio anche la presenza del ricorrente ad Agno prima del marzo 1998. Non hanno però approfondito la questione perché, nel gravame sottoposto loro dal ricorrente, costui ha riconosciuto di avere alloggiato a Lavena Ponte Tresa fino a quando ha trovato un appartamento conveniente ad Agno, ossia non prima del mese di novembre 1998. La Corte cantonale ticinese ne ha dedotto che la residenza all'estero è durata almeno 8 mesi, per il che, non avendo l'interessato chiesto per tempo di potersi assentare dalla Svizzera, il permesso di domicilio ha perso validità in forza dell'art. 9 cpv. 3 lett. c

b) Nel proprio gravame il ricorrente ammette di avere alloggiato nell'appartamento di Lavena Ponte Tresa durante 8 mesi, da marzo ad ottobre 1998. Sostiene tuttavia che il semplice fatto di dormire in Italia non possa essere equiparato ad un soggiorno effettivo all'estero, avendo egli comunque trascorso più tempo in Svizzera, dove ha proseguito giornalmente la sua attività lavorativa. Per di più non avrebbe mai inteso eleggere Lavena Ponte Tresa quale nuova residenza: la sua permanenza in Italia sarebbe stata necessaria provvisoriamente, in attesa di trovare un appartamento a pigione moderata ove abitare con la moglie, ciò che sarebbe effettivamente avvenuto nel novembre 1998. L'assenza si sarebbe prolungata anche perché un primo appartamento che egli avrebbe potuto occupare nel mese di aprile 1998 non è stato liberato dall'inquilino.
4.-a) Per l'art. 9 cpv. 3 lett. c


b) Il ricorso pone il quesito di sapere se il mantenimento di un'attività lavorativa in Svizzera - peraltro ridotta, visto lo stato d'invalidità e di malattia accertato dall'autorità cantonale - sia sufficiente per impedire il decadimento del permesso di domicilio secondo l'art. 9 cpv. 3 lett. c

c) Al riguardo va osservato che anche l'art. 3 cpv. 2 della Dichiarazione concernente l'applicazione del Trattato di domicilio e consolare del 22 luglio 1868 tra la Svizzera e l'Italia, del 5 maggio 1934 (RS 0.142. 114.541. 3), stabilisce che il domicilio degli italiani in Svizzera cessa quand'essi hanno dimorato effettivamente durante sei mesi all'estero. "Dimorare" - in questo contesto - significa "abitare". Non v'è dubbio che questi fossero gli intendimenti delle parti. Infatti, nella citata Dichiarazione, laddove è risultato necessario, si sono fatte le dovute distinzioni tra "professione" e "residenza" (cfr. art. 1), tra "dimorare" e "esercitare un'attività lucrativa" (cfr. art. 4).
d) Nella concreta fattispecie è pacifico che il ricorrente ha abitato durante almeno 8 mesi con la moglie in Italia, nell'appartamento di proprietà della madre a Lavena Ponte Tresa. S'è visto che i motivi che lo hanno indotto a trasferirsi, ed anche le cause del perdurare di questa situazione, sono senza pertinenza. Neppure l'argomento dell'asserita provvisorietà della residenza all'estero giova al ricorrente: l'art. 9 cpv. 3 lett. c

e) Visto quanto precede, ne discende che la sentenza impugnata rispetta il diritto federale ed internazionale: il permesso di domicilio del ricorrente ha perso validità in forza dell'art. 9 cpv. 3 lett. c

5.- Le spese seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1




Per questi motivi,
il Tribunale federale
pronuncia :
1. Il ricorso è respinto.
2. La tassa di giustizia di fr. 2000. -- è posta a carico del ricorrente.
3. Comunicazione alla patrocinatrice del ricorrente, al Consiglio di Stato, al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino e all'Ufficio federale degli stranieri.
Losanna, 19 giugno 2000
VIZ
In nome della II Corte di diritto pubblico
del TRIBUNALE FEDERALE SVIZZERO:
Il Presidente,
La Cancelliera,
BGE Register
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