S. 409 / Nr. 59 Handels- und Gewerbefreiheit (i)
BGE 78 I 409
59. Sentenza 5 novembre 1952 nella causa Gomelschi contro Giudicatura di pace
dl Locarno.
Regeste:
Art. 4. 31, 33 e 2 delle disposizioni transitorie CF.
Costituzionalità dell'Ordine dei medici del Cantone Ticino.
Art. 4, 31, 33 BV und Art. 2 Ueb.-Best. z. BV.
Verfassungsmässigkeit des Tessiner Aerzteverbandes.
Art. 4, 31, 33 Cst. et 2 disp. transit. Cst.
Constitutionnalité de l'association des médecins tessinois.
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A. - Con decreto legislativo 16 luglio 1926 il Gran Consiglio del Cantone
Ticino aveva creato l'Ordine dei medici. Questo decreto è stato abrogato dalla
legge 21 dicembre 1938 istituente l'Ordine generale delle arti sanitarie, che
comprende le arti sanitarie maggiori (gli Ordini dei medici-chirurghi, dei
medici-dentisti, dei farmacisti e dei veterinari), le arti sanitarie minori e
quelle ausiliarie. Le disposizioni comuni a tutti questi Ordini sono le
seguenti:
Art. 2. Agli Ordini rispettivi sono iscritti d'officio, su apposti albi, per
cura del Dipartimento di Igiene, tutti i professionisti ammessi all'esercizi»
delle arti sanitarie nel Cantone, in base alla legge sanitaria ed ai
regolamenti da essa previsti.
Art. 4. - L'esercizio di una professione sanitaria non può iniziarsi prima di
aver conseguito il libero esercizio nel Cantone e la Iscrizione nell'Ordine o
nell'elenco delle professioni sanitarie ausiliarie.
Art. 5 cp. 2. L'attività dei singoli Ordini e delle singole associazioni e il
funzionamento degli stessi saranno determinati dai rispettivi statuti,
soggetti all'approvazione del Consiglio di Stato.
Art. 7. Il presidente e un membro del consiglio direttivo di ogni Ordine, col
direttore del Dipartimento igiene e col medico cantonale costituiscono, per
ciascun Ordine, il Consiglio di disciplina, il quale:
a) vigila all'osservanza del decoro e dei doveri professionali degli iscritti
b) reprime in via di disciplina gli abusi e le mancanze nell'esercizio della
professione sotto riserva di ogni altra sanzione sia civile, sia penale, sia
amministrativa
c) decide inappellabilmente le contestazioni che possono sorgere per ragioni
professionali fra i membri dell'ordine o fra essi ed i clienti.
Lo statuto 3 marzo 1940 dell'Ordine dei medici (abbr. OMCT), approvato dal
Consiglio di Stato in data 15 maggio 1940, prevede tra altro quanto segue:
Art. 1. L'ordine dei medici del Cantone Ticino è costituito a norma degli art.
60 e seguenti CCS e della legge 21 dicembre 1935. Esso comprende
a) tutti i medici ammessi dal Consiglio di Stato al libero esercizio e che
esercitano sia permanentemente, sia periodicamente, la professione nel Canton
Ticino
b) tutti i medici-chirurghi ammessi dal Consiglio di Stato con permesso di
esercizio limitato e provvisorio.
Art. 2. Non può esercitare nel Cantone Ticino la professione medica né
concorrere al posto di assistente ospedaliero, medico di cassa malati o
condotto, chi non ha ottenuto il libero esercizio e la iscrizione all'Ordine
dei Medici.
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B. - Il dott. Gomelschi, ammesso al libero esercizio della medicina nel
Cantone Ticino, fu iscritto d'ufficio nell'albo dell'OMCT. A motivo di
divergenze avute con gli organi direttivi dell'Ordine, egli si rifiutò di
pagare la tassa sociale di 80 fr. all'anno. L'OMCT lo escusse pel pagamento
delle tasse degli anni 1945 a 1948. Gomelschi fece opposizione al precetto
esecutivo. Nella procedura di rigetto dell'opposizione egli fece valere, tra
altro, che l'istituzione dell'OMCT contrasta col principio della forza
derogante del diritto federale e con la libertà di associazione.
Con sentenza 13 marzo 1952 il Giudice di pace del circolo di Locarno rimosse
definitivamente l'opposizione al precetto esecutivo.
C. - Contro questa sentenza Gomelschi ha interposto ricorso di diritto
pubblico al Tribunale federale. Il ricorrente chiede l'annullamento del
giudizio querelato, adducendo in sostanza quanto segue: La legge cantonale 21
dicembre 1938 e lo statuto dell'OMCT, sui quali poggia il giudizio impugnato,
sono illegali e anticostituzionali.
a) Lo statuto dell'OMCT richiama espressamente gli art. 60 e sgg. CCS, ma non
li rispetta. Violati sono segnatamente:
l'art. 65: in quanto non è l'assemblea generale dell'Ordine die si pronuncia
sull'ammissione e l'esclusione dei membri, ma il Consiglio di Stato;
l'art. 70: perché un membro non può uscire dall'Ordine senza perdere il
diritto di esercitare la professione
l'art. 75: perché le decisioni dell'assemblea generale dell'Ordine non possono
essere impugnate in via giudiziaria;
l'art. 76: in quanto l'Ordine non può decidere la sua dissoluzione in ogni
tempo, questa essendo di competenza dello Stato.
b) La legge 21 dicembre 1938 e lo statuto dell'Ordine contrastano con l'art. 4
CF, poiché creano una situazione d'ineguaglianza tra la categoria dei medici,
obbligati ad appartenere ad un'organizzazione professionale, e tutte le altre
categorie di professionisti, per le quali non esiste un siffatto obbligo.
Violato è pure l'art. 31 CF. Statuendo
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l'appartenenza obbligatoria dei medici ad un sindacato professionale, il
legislatore ticinese ha posto una restrizione inammissibile alla libertà di
commercio e d'industria. Questa restrizione è del resto incompatibile anche
con l'art. 33 CF, che subordina l'esercizio di una professione liberale
soltanto ad una prova di capacità (diploma federale). L'ordinamento
dell'Ordine trasgredisce inoltre all'art. 58 CF perché crea un tribunale
d'eccezione pel giudizio delle infrazioni alle norme statutarie ed a quelle
deontologiche, dichiarate parte integrante dello statuto (art. 24). Le
decisioni dell'assemblea generale dell'Ordine sono inappellabili (art. 21
dello statuto), il che rende illusoria la garanzia costituzionale del giudice
naturale.
D. - L'OMCT e il Consiglio di Stato hanno proposto la reiezione del ricorso.
Nella sua risposta l'autorità cantonale ha fatto valere essenzialmente quanto
segue: Né la legge 21 dicembre 1938, né lo statuto dell'Ordine violano l'art.
4 CF. I medici praticanti nel Cantone Ticino sono posti sullo stesso piede di
trattamento, poiché sono in identico modo soggetti alle disposizioni dello
statuto e alle norme deontologiche emanate dall'Ordine. Non si può pretendere
che la professione di medico venga disciplinata in base alle stesse regole
adottate per le altre professioni. Le differenze esistenti fra le professioni
liberali ed in particolare fra le stesse arti sanitarie richiedono un
ordinamento differente delle varie professioni un diverso trattamento è
pertanto giustificato e non offende il principio dell'uguaglianza dei
cittadini. Pure a torto il ricorrente invoca gli art. 31 e 33 CF. Egli
dimentica che la costituzione federale garantisce bensì la libertà d'industria
e di commercio, e quindi la libertà dell'esercizio di una professione
liberale, ma sempre nell'ambito delle leggi e dei regolamenti. Lo Stato non
può disinteressarsi dell'esercizio delle arti sanitarie in genere e della
medicina in ispecie, poiche sono in giuoco, attraverso tali attività
professionali, interessi di ordine pubblico. Di conseguenza, sono da ritenersi
ammissibile le disposizioni restrittive della libertà del singolo medico
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nella misura in cui esse servono alla tutela degli interessi di ordine
generale. Manifestamente infondata è anche la censura di «Tribunale
d'eccezione«mossa al Consiglio di disciplina dell'Ordine. Non si tratta d'un
istituto di eccezione, ma d'un organismo particolarmente competente a
giudicare di cose o atti professionali.
Considerando in diritto:
1.- Giusta la prassi costante del Tribunale federale il ricorso di diritto
pubblico per violazione della costituzione federale non è proponibile
unicamente contro le norme cantonali di portata generale stesse, ma ancora
contro ogni loro singola applicazione (RU 58 I 375, 61 I 6 e 68 I 28). La
legge o il decreto di portata generale sono però impugnabili, in connessione
con una decisione che li ha applicati, soltanto nella misura in cui la loro
validità costituisce una questione pregiudiziale per la decisione concreta.
Nella fattispecie il litigio verte sull'obbligo del ricorrente di pagare la
tassa sociale. Poiché quest'obbligo presuppone la validità dell'Ordine dei
medici, la legge ticinese 21 dicembre 1938 poteva essere impugnata ed è
sindacabile in quanto ha istituito siffatta organizzazione professionale
obbligatoria. Insindacabile essa è invece per quanto attiene alle altre
questioni sollevate dal ricorso, perché estranee al presente litigio.
Irricevibili sono quindi in concreto le censure mosse alle norme deontologiche
e segnatamente l'assunto, secondo cui l'attribuzione di un potere disciplinare
all'Ordine non sarebbe conciliabile con l'art. 58 CF.
2.- Sostiene anzitutto il ricorrente che lo statuto dell'OMCT non rispetta le
norme degli art. 60 e sgg. CCS. Con questo addebito egli invoca implicitamente
la forza derogante del diritto federale, principio che scaturisce
dall'ordinamento federale della Confederazione (cf. BURCKHARDT, Commentano
della costituzione federale, 3a ed. p. 823, e FLEINER/GIACOMETTI, Schweiz.
Bundesstaatsrecht, p. 94) e che trova un riflesso nell'art. 2 delle
disposizioni transitorie della CF (RU 75 I 49 e le numerose
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sentenze ivi citate). Sebbene questo principio costituzionale non sia stato
espressamente invocato, la censura deve nondimeno essere esaminata.
Giusta l'art. 7 della legge cantonale 21 dicembre 1938, l'Ordine dei medici ha
per iscopo di vigilare all'osservanza del decoro e dei doveri professionali
dei membri, di reprimere in via disciplinare gli abusi e le mancanze
nell'esercizio della professione e di decidere inappellabilmente le
contestazioni che possono sorgere per ragioni professionali fra i membri
dell'Ordine o fra essi ed i clienti (cf. anche l'art. 16 dello statuto).
Funzione di quest'organismo è pertanto d'integrare l'ordinamento cantonale
predisposto alla tutela della sanità pubblica, fine che rientra in quelli
assunti dallo Stato.
Quando lo Stato, anzichè limitarsi a legiferare delle norme di polizia
destinate a salvaguardare gli interessi posti sotto la sua protezione, si
assume il compito di soddisfare direttamente un bisogno determinato di ordine
generale istituendo a quest'uopo un ente pubblico, la sua attività esce dal
campo del diritto civile per entrare in quello del diritto pubblico. Questo è
il solo diritto applicabile sia per i rapporti degli interessati con l'ente,
sia per la sua organizzazione (RU 75 I 51).
Ben poteva quindi il legislatore ticinese, senza violare il principio della
forza derogante del diritto federale, dare all'Ordine dei medici
un'organizzazione che si scosta dai principi valevoli per le associazioni del
diritto civile. E bensì vero che lo statuto richiama espressamente gli art. 60
e sgg. CCS; si tratta però manifestamente di una svista, come l'ha rilevato il
Consiglio di Stato. L'Ordine ha, a non dubitarne, il carattere di un sindacato
obbligatorio, che rientra nel quadro delle corporazioni di diritto pubblico
(art. 59 CCS). Trattasi di una corporazione coattiva, cui è conferito,
nell'Interesse pubblico, il potere di emanare delle norme per l'esercizio
della professione (norme deontologiche) e un potere disciplinare sui propri
membri.
3.- Il ricorrente fa inoltre valere che, in quanto
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subordinano l'esercizio dell'arte medica all'appartenenza ad un sindacato
professionale obbligatorio, la legge cantonale 21 dicembre 1938 e lo statuto
dell'OMCT contrastano con gli art. 31 e 33 CF.
a) E pacifico che l'art. 31 CF garantisce anche il libero esercizio delle
professioni liberali. Questa garanzia non ha però una portata illimitata.
Una prima restrizione a tale garanzia è posta dal secondo capoverso dell'art.
31 CF, che riserva «le disposizioni cantonali sull'esercizio e
sull'imposizione fiscale del commercio e dell'industria». Secondo la
giurisprudenza, questo disposto autorizza i Cantoni ad emanare delle norme di
polizia, sempreché esse non portino pregiudizio alla libertà di commercio e
d'industria (RU 41 I 390, 42 I 48, 47 I 400, 49 I 17, 67 I 87 e 327). Tale
carattere va riconosciuto all'art. 4 della legge 21 dicembre 1938, che fa
dipendere il diritto di praticare l'arte medica nel Cantone Ticino
dall'appartenenza all'OMCT. Si tratta di una disposizione dettata
dall'Interesse pubblico, che giustifica l'esistenza dell'Ordine e l'estensione
dell'appartenenza al medesimo a tutti i professionisti del ramo (cf. KUNZ, Das
Institut der Zwangsgenossenschaften, p. 31). Quest'appartenenza obbligatoria
ad un sindacato professionale non è in concreto d'intralcio alla libertà di
commercio e d'industria, poiché tutti i professionisti in possesso del diploma
federale o di un titolo equivalente sono iscritti d'ufficio nell'albo
dell'Ordine (art. 2 della legge istituente l'OMCT e art. 15 della legge
sanitaria ticinese 23 giugno 1924).
E bensì vero che la qualità di membro dell'OMCT comporta l'obbligo di pagare
una tassa sociale (art. 4 cp. 2 dello statuto). In quest'obbligo non si può
però ravvisare una condizione incompatibile col libero esercizio della
professione. Il prelevamento di una tassa sociale trova la sua giustificazione
nel fatto che l'attività dell'Ordine pro fitta, oltre che alla collettività,
anche ai membri stessi.
b) Una seconda restrizione alla garanzia del libero esercizio delle
professioni liberali è sancita dall'art. 33 CF.
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Il primo capoverso autorizza i Cantoni ad esigere una prova di capacità da
coloro che intendono esercitare una professione liberale; il secondo capoverso
dispone che la legislazione federale provvederà affinché possano ottenersi
certificati di capacità tali da essere validi in tutta la Confederazione. A
ciò è stato provveduto, nel campo medico, col diploma federale.
Contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, statuendo l'obbligo di
appartenere all'OMCT il legislatore ticinese non ha imposto al medico, che
vuol praticare nel Cantone, un «aggravio «che va oltre quello previsto
dall'art. 33 CF. Infatti, 1 iscrizione nell'albo dell'Ordine avviene d'ufficio
e non è subordinata al possesso di un certificato di capacità altro che il
diploma federale.
4.- Secondo il ricorrente, l'istituzione di un sindacato obbligatorio soltanto
per i medici avrebbe creato una situazione d'ineguaglianza inconciliabile con
l'art. 4 CF. Ma così non e.
Giusta la prassi, l'art. 4 CF è violato da una legge o un decreto cantonale di
portata generale solo se le loro disposizioni sono prive di ogni fondamento
serio e oggettivo, se non hanno senso o se implicano delle ineguaglianze che
non sono giustificate dalle circostanze di fatto (RU 77 1 102, 107 e 189).
E evidente che in un ordinamento statale, avente per presupposto il canone
della minor ingerenza possibile dell'autorità pubblica nei rapporti
individuali, lo Stato non può disciplinare tutte le attività professionali,
artigianali o industriali e tanto meno disciplinarle alla stessa stregua. Esso
deve limitarsi ad intervenire e organizzare le professioni o attività
individuali che, come la professione medica, sono in diretto rapporto con un
compito statale.
Il Tribunale federale pronuncia:
In quanto ricevibile il ricorso è respinto.