Urteilskopf

109 IV 36

10. Estratto della sentenza del 28 gennaio 1983 della Corte di cassazione nella causa X. c. Procura pubblica della giurisdizione sottocenerina (ricorso per cassazione)
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Regesto (it):


Erwägungen ab Seite 36

BGE 109 IV 36 S. 36

Dai considerandi:

3. a) La Corte di cassazione e di revisione penale (CCRP) ha negato l'ammissibilità della prova della verità delle dichiarazioni incriminate, affermando che la fondatezza dell'affermazione o del sospetto, secondo cui una persona ha commesso un reato, deve essere provata, in linea di principio, mediante una sentenza di condanna corrispondente. Essa si è richiamata al proposito in particolare a DTF 106 IV 115, e ha evocato nello stesso senso il § 190 del Codice penale germanico e il relativo commentario Schönke-Schröder, ediz. 1978, pag. 1321/1322. Tenuto conto dell'obbligo, stabilito dall'art. 211 del Codice di procedura penale ticinese, di pronunciare una sentenza di assoluzione nel caso in cui il fatto non fosse stato ritenuto punibile, e che l'estinzione dell'azione penale comporta anche l'estinzione del reato, la CCRP ha escluso che la prova della verità
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potesse aver luogo in quanto, per effetto dell'intervenuta prescrizione, l'eventuale illecito di X. avrebbe potuto dar luogo a partire dal dicembre 1973 soltanto ad una sentenza di assoluzione. Il ricorrente contesta la validità degli argomenti della CCRP, e l'applicabilità alla fattispecie della giurisprudenza citata; egli nega altresì che nel caso di prescrizione dell'azione penale possa applicarsi nella Repubblica federale di Germania il principio seguito dalla CCRP, e cita al proposito lo stesso autore evocato da tale Corte. La Procura pubblica sottocenerina, infine, ribadisce i motivi espressi dalla CCRP ed eccepisce che quanto concerne gli effetti procedurali dell'estinzione dell'azione penale per prescrizione riguarda il diritto cantonale e che non può quindi il ricorrente in questa sede invocare la sua violazione. b) Così come è stata formulata, l'affermazione della CCRP non riflette esattamente la giurisprudenza del Tribunale federale; il principio da essa esposto non è applicabile alla fattispecie. È vero che DTF 106 IV 115 afferma che, in linea di principio, la fondatezza dell'affermazione o del sospetto, secondo cui una persona ha commesso un reato, dev'essere provata mediante una decisione di condanna corrispondente. Ma tale sentenza ha lasciato espressamente aperto il caso in cui un procedimento penale non possa o non possa più essere aperto (cfr. DTF 106 IV 117 in fondo). Orbene, la stessa CCRP afferma che un procedimento penale nei confronti di X. non può da tempo più essere aperto, essendo l'azione penale prescritta dal 1973. L'applicazione del principio seguito dalla CCRP appare particolarmente poco convincente in un caso come il presente, in cui il diffamato non è stato neppure interrogato, ad alcun titolo, dall'autorità inquirente. Né vale a dire, come sembra fare la CCRP, che tale circostanza è irrilevante, dato che l'azione penale nei confronti di X. sarebbe stata comunque estinta al momento dell'inchiesta contro la società Y. sicché la macchina della giustizia avrebbe girato a vuoto e l'eventuale procedimento avrebbe fatalmente dovuto concludersi con un'assoluzione o con un abbandono.
La tesi seguita dalla CCRP e dalla Procura pubblica non può fondarsi su dei "se" o dei "ma". X. non è mai stato interrogato. Egli non è mai stato parte del procedimento penale relativo alle violazioni del DAFE. La Procura pubblica sottocenerina non l'ha mai scagionato prima che fossero
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state fatte le dichiarazioni incriminate. Il fatto che non l'abbia perseguito non significa affatto che vi sia stata una decisione formale di non perseguirlo. Sul piano procedurale il caso di X. non è stato esaminato; è inconferente dire che, se lo fosse stato, egli sarebbe stato assolto o avrebbe beneficiato di un non luogo a procedere. Prescindendo dall'intervenuta prescrizione dell'eventuale reato a cui si riferiscono le dichiarazioni incriminate, nulla può dirsi di preciso, né contro né a favore di X. in relazione con detto reato. Non vi è in alcun modo una "res judicata" o altra decisione penale che possa giustificare un diniego di esaminare (per la prima volta) se nella falsità obiettiva commessa da X. potesse ravvisarsi un reato sia pure prescritto, o, ciò che è lo stesso, se X. abbia commesso consapevolmente la falsità rinfacciatagli nelle dichiarazioni incriminate. La "ratio" di cui a DTF 106 IV 117 è quella di evitare al diffamato a cui si rimprovera la commissione di un reato di dover sottostare, in condizioni per lui sfavorevoli, ad un nuovo procedimento penale. Poiché manca nella fattispecie un procedimento penale a carico di X. e poiché giammai prima delle dichiarazioni incriminate è stato formalmente deciso di non procedere nei suoi confronti, e poiché il medesimo mai è stato neppure interrogato, manca il necessario presupposto della citata giurisprudenza, come l'ha esattamente relevato la difesa del ricorrente. Ne segue che le disquisizioni relative agli effetti procedurali della prescrizione, all'inammissibilità delle censure concernenti la procedura cantonale, ecc., cadono nel vuoto. Può solo essere osservato, a titolo meramente abbondanziale, che, per le ragioni esposte nel ricorso, il richiamo al diritto germanico non appare concludente, dato che lo stesso commentario invocato dalla CCRP dichiara il principio da questa seguito inapplicabile nel caso di estinzione dell'azione penale per prescrizione. Inoltre, nulla vieterebbe di considerare in sede di ricorso per cassazione a titolo pregiudiziale il diritto cantonale, quando ciò fosse indispensabile per applicare una norma o un principio del diritto federale. I principi contenuti in DTF 106 IV 117 e DTF 101 IV 292 non possono d'altronde dipendere dalle soluzioni procedurali scelte dai Cantoni in materia di estinzione dell'azione penale è quindi vano discettare al riguardo per sapere, in particolare, se ai fini di cui trattasi determinante debba essere l'assoluzione o se sia sufficiente altra forma d'estinzione del processo.
Entscheidinformationen   •   DEFRITEN
Dokument : 109 IV 36
Datum : 28. Januar 1983
Publiziert : 31. Dezember 1983
Quelle : Bundesgericht
Status : 109 IV 36
Sachgebiet : BGE - Strafrecht und Strafvollzug
Gegenstand : Art. 173 Ziff. 2 StGB; Üble Nachrede; Wahrheitsbeweis. Wurde gegenüber dem Verletzten der Vorwurf erhoben, eine strafbare
Einordnung : Präzisierung der Rechtsprechung


Gesetzesregister
StGB: 173 
SR 311.0 Schweizerisches Strafgesetzbuch vom 21. Dezember 1937
StGB Art. 173 - 1. Wer jemanden bei einem andern eines unehrenhaften Verhaltens oder anderer Tatsachen, die geeignet sind, seinen Ruf zu schädigen, beschuldigt oder verdächtigt,
1    Wer jemanden bei einem andern eines unehrenhaften Verhaltens oder anderer Tatsachen, die geeignet sind, seinen Ruf zu schädigen, beschuldigt oder verdächtigt,
2    Beweist der Beschuldigte, dass die von ihm vorgebrachte oder weiterverbreitete Äusserung der Wahrheit entspricht, oder dass er ernsthafte Gründe hatte, sie in guten Treuen für wahr zu halten, so ist er nicht strafbar.
3    Der Beschuldigte wird zum Beweis nicht zugelassen und ist strafbar für Äusserungen, die ohne Wahrung öffentlicher Interessen oder sonst wie ohne begründete Veranlassung, vorwiegend in der Absicht vorgebracht oder verbreitet werden, jemandem Übles vorzuwerfen, insbesondere, wenn sich die Äusserungen auf das Privat- oder Familienleben beziehen.
4    Nimmt der Täter seine Äusserung als unwahr zurück, so kann er milder bestraft oder ganz von Strafe befreit werden.
5    Hat der Beschuldigte den Wahrheitsbeweis nicht erbracht oder sind seine Äusserungen unwahr oder nimmt der Beschuldigte sie zurück, so hat das Gericht dies im Urteil oder in einer andern Urkunde festzustellen.
173n
BGE Register
101-IV-292 • 106-IV-115 • 109-IV-36
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