S. 6 / Nr. 2 Gleichheit vor dem Gesetz (i)

BGE 55 I 6

2. Sentenza 28 marzo 1929 nella causa Cérésole c. Ticino.

Regeste:
Ricorso di diritto pubblico per violazione dell'art. 4 CF. - Eccezione di
irricevibilità per non avere il ricorrente adita la Commissione
dell'amministrativo quale pretesa ultima instanza cantonale. - Rinuncia al
diritto di attinenza ticinese. - La questione è retta esclusivamente dal
diritto cantonale: se le leggi cantonali non la prevedono, lo svincolo
dell'attinenza può essere negato senza incorrere in atto arbitrario. Natura
del diritto di cittadinanza.


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A. - Il ricorrente, già inscritto allo stato civile sotto il nome di Luigi
Edmondo Bezzola, nato il 6 febbraio 1906 a Münster (Cantone di Berna) dai
coniugi Ercole Bezzola, oriundo da Comologno (Ticino), e Lucia Lidia Bataille,
sciolto nel 1907 per divorzio il matrimonio dei genitori, venne allevato dal
Sig. Dr. Ernesto Luigi Adolfe Cérésole, colonnello in Berna e dalla consorte
Giulia nata Kohler, i quali lo adottarono nel 1910 e gli procurarono, nel
1913, la cittadinanza del Cantone di Berna con attinenza nel Comune di
Walterswil ed il diritto di chiamarsi Claudio Cérésole.
B. - L'instanza 3 gennaio 1929 colla quale Claudio Cérésole domandava al
Consiglio di Stato del Cantone Ticino di essere stralciato dai ruoli di
attinenza di Comologno e svincolato dalla cittadinanza ticinese, fu respinta
con risoluzione del 14 gennaio 1929, per i motivi seguenti:
Secondo le leggi ticinesi, il diritto di attinenza è imprescrittibile e la
cittadinanza ticinese non si perde se non dietro formale ed esplicita rinuncia
alla nazionalità svizzera in conformità della legislazione federale
sull'acquisto e sulla perdita della cittadinanza svizzera. Nel diritto
ticinese non esiste nessun disposto di legge che consenti di rinunciare
all'attinenza cantonale e comunale o che vieti il possesso di una doppia
cittadinanza, mentre la costituzione federale (art. 43, recto 44) non permette
ai Cantoni di dichiarare un cittadino «decaduto dal diritto d'origine e di
attinenza». Fintanto che non sarà domiciliato nel Cantone Ticino, l'istante
avrà la facoltà di far valere prevalentemente la cittadinanza bernese, ma non
per questo perderà l'attinenza ticinese.
C. - Da questa risoluzione Claudio Cérésole ricorre al Tribunale federale per
atto arbitrario (violazione dell'art. 4 CF), domandandone l'annullamento ed
allegando:
Giusta le informazioni assunte presso il Dipartimento ticinese dell'Interno
(officio del 25 febbraio 1929), la querelata risoluzione governativa sarebbe
basata su principi derivanti dal cessato codice civile ticinese: attualmente

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non esisterebbe nessun disposto cantonale che regoli la materia. D'altro
canto, la legge federale del 25 giugno 1903 sull'acquisto della cittadinanza
svizzera e la rinuncia alla stessa non entra nella fattispecie in linea di
conto, non trattandosi dell'indigenato svizzero. Non esistendo quindi nessun
disposto di legge concernente la rinuncia all'attinenza cantonale e comunale,
una domanda di rinuncia non può essere respinta senza commettere atto
arbitrario, com'è evidentemente arbitrario poggiare il rifiuto sull'antico
diritto ticinese ormai abolito. Anche la legge cantonale ticinese 19 gennaio
1918 sulla naturalizzazione cantonale non contiene disposto qualsiasi sulla
rinuncia all'indigenato ticinese. La querelata risoluzione è non solo
arbitraria, ma inopportuna. Il ricorrente non ha più nessun rapporto col
Cantone Ticino, nè motivi d'ordine economico l'hanno indotto a rinunciare alla
cittadinanza ticinese, nè ponno essere d'ostacolo all'ammissione dell'istanza.
Il ricorrente resterà sempre cittadino svizzero del Cantone di Berna: non si
può quindi pretendere che solo rinunciando alla cittadinanza federale si possa
spogliarsi dell'attinenza cantonale.
D. - Il Consiglio di Stato si oppone al ricorso e ne demanda il rigetto per
motivi d'ordine e di merito, di cui si dirà, per quanto occorra, nelle
seguenti considerazioni.
Considerando in diritto:
1.- In ordine il Consiglio di Stato oppone anzitutto alla ricevibilità del
ricorso l'eccezione del mancato esaurimento delle instanze cantonali asserendo
che «la Commissione dell'Amministrativo od il Gran Consiglio avrebbero potuto
dichiararsi competenti».
La questione può infatti essere discussa: ma il Consiglio di Stato, che la
solleva, non si fa carico d'indicare di quali disposti di diritto cantonale
egli intenda prevalersi. A stregua dell'art. 1 della legge cantonale del 21
maggio 1906 (ora del 13 giugno 1927) «tutte le decisioni del Consiglio di
Stato suscettive di appello al Gran Consiglio sono

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devolute alla cognizione od al giudizio di una commissione che si chiamerà
dell'amministrativo, ad eccezione di quelle relative all'esercizio dei diritti
politici in materia cantonale e federale». In una sentenza del 31 maggio 1919
(RU 45 I consid. 2, p. 247), il Tribunale federale, facendo capo alla pratica
della Commissione dell'Amministrativo, ebbe a dichiarare che un ricorso a
quella commissione debba ritenersi ammissibile «in tutte le questioni
amministrative nelle quali la legge speciale da applicare non sancisce
espressamente l'esclusiva ed assoluta competenza del Consiglio di Stato».
Non esistendo nella fattispecie nessuna legge che regoli la materia della
rinuncia alla cittadinanza cantonale e comunale e che pronunci la definitiva
competenza in materia del Consiglio di Stato, dal suaccennato principio
seguirebbe la possibilità di un ricorso alla Commissione dell'Amministrativo e
quindi l'inesaurimento delle istanze cantonali. Si può tuttavia prescindere da
questa questione perchè anche nel merito il gravame appare infondato.
2.- Le parti sono d'accordo nell'ammettere che, nella fattispecie, non possa
trovare applicazione la legge federale del 25 giugno 1903 sull'acquisto della
cittadinanza svizzera e la rinuncia alla stessa: si tratta unicamente della
rinuncia all'attinenza comunale e cantonale, rinuncia che non annullerebbe la
cittadinanza svizzera, poichè il ricorrente possiede altra cittadinanza
cantonale, la bernese. Sull'ammissibilità e sulle condizioni dello svincolo
dell'attinenza cantonale non esiste disposto qualsiasi di diritto federale.
Trattasi del resto di materia in cui la Confederazione non può legiferare
(art. 44 capoverso 2 CF). Sta bene che, ad impedire l'aumento dei casi di
heimatlosato, il legislatore federale ha dichiarato nel primo capoverso di
quest'articolo costituzionale che «nessun cantone può espellere dal proprio
territorio un suo cittadino nè dichiararlo decaduto dal diritto di origine od
attinenza». Ma la rinuncia volontaria alla cittadinanza cantonale non

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è disciplinata dal diritto federale ed è materia soggetta esclusivamente al
diritto cantonale come ritengono concordemente dottrina e giurisprudenza (cfr.
SIEBER: Il diritto di cittadinanza, p. 416 e 418; RIGERT: La legge federale
sull'acquisto della cittadinanza svizzera, p. 41, nota 11; STOLL: La perdita
della cittadinanza svizzera, P. 58; SAUSER-HALL: La nationalité en droit
suisse, p. 4 e 5; RU 18 P. 82; 35 I p. 453).
3.- Per quanto concerne il diritto ticinese è pacifico che, attualmente, nella
legislazione ticinese non esiste nessun disposto ancor valido che regoli la
materia.
Chiedesi se in queste condizioni sia ammissibile l'assunto, - il quale del
ricorso è il caposaldo - che finchè non esiste norma speciale in materia di
rinuncia volontaria alla cittadinanza cantonale, il riconoscimento di tale
rinuncia non possa essere negato senz'incorrere in atto arbitrario. La
risposta è negativa. La tesi del ricorrente non considera sufficientemente che
il diritto di cittadinanza o di attinenza è un rapporto di diritto bilaterale,
«dal quale sorgono diritti, ma anche obblighi pubblici e che quindi
l'annullamento di questo rapporto di diritto richiede, in mancanza di disposto
contrario di legge, la cooperazione delle due parti e non può dipendere dalla
volontà (Willkür) di una sola» (RU 35 I p. 457). Cantone e Comune debbono
quindi consentire alla rinuncia. Indifferente si è se la rinuncia avvantaggi
economicamente il Cantone (ev. il Comune) o gli porti pregiudizio:
indifferente è pure, che il rinunciante abbia relazioni personali maggiori
coll'uno o coll'altro Cantone. Sotto il regime della costituzione federale del
1848, dice Sieber nell'opera precitata (p. 416), i Cantoni erano liberi di
escludere la possibilità dello svincolo dalla cittadinanza. «Alcuni fecero uso
di questa facoltà». Quest'ordine di cose fu modificato della costituzione
federale del 1874 (art. 44) e dalla legge precitata del 1903 solo nel senso
che, sotto speciali condizioni fu dichiarata ammissibile la rinuncia
all'attinenza cantonale e comunale contemporaneamente alla rinuncia

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alla nazionalità svizzera. Ma in tema intercantonale, nei rapporti cioè da
Cantone a Cantone e da Comune a Comune, i Cantoni rimasero sovrani: possono
quindi ammettere o limitare od anche escludere in modo assoluto lo svincolo
dall'indigenato cantonale e comunale senza ledere il diritto federale od
incorrere in atto arbitrario.
Il Tribunale federale pronuncia: Il ricorso è respinto.
Informazioni decisione   •   DEFRITEN
Documento : 55 I 6
Data : 01. Januar 1929
Pubblicato : 28. März 1929
Sorgente : Bundesgericht
Stato : 55 I 6
Ramo giuridico : BGE - Verfassungsrecht
Oggetto : Ricorso di diritto pubblico per violazione dell'art. 4 CF. - Eccezione di irricevibilità per non...


Registro DTF
55-I-6
Parole chiave
Elenca secondo la frequenza o in ordine alfabetico
questio • consiglio di stato • federalismo • ricorrente • cittadinanza cantonale • decisione • acquisto della cittadinanza • tribunale federale • costituzione federale • diritto cantonale • diritto federale • cittadinanza svizzera • perdita della cittadinanza • nato • cittadinanza • attinenza comunale • illuminazione • azione • aumento • espressamente
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