Urteilskopf

124 I 85

11. Auszug aus dem Urteil der I. öffentlichrechtlichen Abteilung vom 23. April 1998 i.S. Polizeibeamtenverband Basel-Stadt gegen Kanton Basel-Stadt (staatsrechtliche Beschwerde)
Regeste (de):

Regeste (fr):

Regesto (it):


Sachverhalt ab Seite 85

BGE 124 I 85 S. 85

Der Grosse Rat des Kantons Basel-Stadt verabschiedete am 13. November 1996 das Gesetz betreffend die Kantonspolizei (Polizeigesetz). Die Referendumsfrist ist unbenützt abgelaufen. In § 33 enthält das neue Polizeigesetz Vorschriften über die Legitimation der Polizeibeamten. Diese haben folgenden Wortlaut: Legitimation
§ 33 - Wird die Uniform getragen, so gilt diese grundsätzlich als Legitimation. Uniformierte tragen ein Namensschild; der Regierungsrat bestimmt auf dem Verordnungsweg, wann anstelle des Namensschilds eine andere individualisierende Kennzeichnung oder in besonderen Fällen keine solche Kennzeichnung getragen wird. Korpsangehörige in Zivil haben sich, sofern es die Umstände zulassen, vor Amtshandlungen unaufgefordert auszuweisen. Der Polizeibeamtenverband Basel-Stadt ficht die Bestimmung von § 33 mit staatsrechtlicher Beschwerde an und verlangt die Aufhebung von Satz 2 betreffend die Pflicht zum Tragen von Namensschildern. Er rügt eine Verletzung der persönlichen Freiheit und von Art. 8
IR 0.101 Convenzione del 4 novembre 1950 per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU)
CEDU Art. 8 Diritto al rispetto della vita privata e familiare - 1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.
1    Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.
2    Non può esservi ingerenza della pubblica autorità nell'esercizio di tale diritto se non in quanto tale ingerenza sia prevista dalla legge e in quanto costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, l'ordine pubblico, il benessere economico del paese, la prevenzione dei reati, la protezione della salute o della morale, o la protezione dei diritti e delle libertà altrui.
EMRK. Der Regierungsrat setzte das Polizeigesetz mit Ausnahme von § 33 und die neue Verordnung betreffend Kantonspolizei des Kantons Basel-Stadt vom 3. Juni 1997 auf den 1. Juli 1997 in Kraft. Diese Verordnung enthält u.a. folgende Bestimmung:
BGE 124 I 85 S. 86

Kennzeichnung
§ 9 - Auf dem Namensschild wird lediglich der Nachname aufgeführt. 2 Im geführten Einsatz des unfriedlichen Ordnungsdienstes wird eine individualisierende Kennzeichnung getragen. 3 Der geführte Einsatz von Sondereinheiten erfolgt ohne Namensschild und ohne individualisierende Kennzeichnung. Das Bundesgericht weist die staatsrechtliche Beschwerde ab.

Erwägungen

Aus den Erwägungen:

2. Der Polizeibeamtenverband beruft sich in seiner staatsrechtlichen Beschwerde auf die persönliche Freiheit und auf Art. 8
IR 0.101 Convenzione del 4 novembre 1950 per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU)
CEDU Art. 8 Diritto al rispetto della vita privata e familiare - 1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.
1    Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.
2    Non può esservi ingerenza della pubblica autorità nell'esercizio di tale diritto se non in quanto tale ingerenza sia prevista dalla legge e in quanto costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, l'ordine pubblico, il benessere economico del paese, la prevenzione dei reati, la protezione della salute o della morale, o la protezione dei diritti e delle libertà altrui.
EMRK. Er macht im wesentlichen geltend, die Polizeibeamten würden durch die Verpflichtung zum Tragen eines Namensschildes in diesen verfassungsmässigen Rechten verletzt. Demgegenüber wenden der Grosse Rat und der Regierungsrat ein, der Schutzbereich der persönlichen Freiheit und des Art. 8
IR 0.101 Convenzione del 4 novembre 1950 per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU)
CEDU Art. 8 Diritto al rispetto della vita privata e familiare - 1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.
1    Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.
2    Non può esservi ingerenza della pubblica autorità nell'esercizio di tale diritto se non in quanto tale ingerenza sia prevista dalla legge e in quanto costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, l'ordine pubblico, il benessere economico del paese, la prevenzione dei reati, la protezione della salute o della morale, o la protezione dei diritti e delle libertà altrui.
EMRK beziehe sich nicht auf den Gebrauch des Namens und räume grundsätzlich keinen Anspruch darauf ein, den Namen geheim zu halten. Der Schutz des Namens existiere nur im Rahmen von Art. 29
SR 210 Codice civile svizzero del 10 dicembre 1907
CC Art. 29 - 1 Se a qualcuno è contestato l'uso del proprio nome, egli può chiederne in giudizio il riconoscimento.
1    Se a qualcuno è contestato l'uso del proprio nome, egli può chiederne in giudizio il riconoscimento.
2    Ove alcuno subisca pregiudizio per il fatto che altri usurpi il proprio nome, può chiedere in giudizio la cessazione dell'usurpazione stessa. In caso di colpa può chiedere il risarcimento del danno, e quando la natura dell'offesa lo giustifichi, il pagamento di una somma a titolo di riparazione morale.
und 30
SR 210 Codice civile svizzero del 10 dicembre 1907
CC Art. 30 - 1 Il governo del Cantone di domicilio può, per motivi degni di rispetto, autorizzare una persona a cambiare nome.40
1    Il governo del Cantone di domicilio può, per motivi degni di rispetto, autorizzare una persona a cambiare nome.40
2    ...41
3    Chi da tale cambiamento fosse pregiudicato nei suoi diritti può contestarlo davanti al giudice, entro un anno da quando ne ebbe conoscenza.
ZGB. Angesichts dieser unterschiedlichen Positionen ist vorerst zu klären, ob sich der Beschwerdeführer bzw. die Polizeibeamten auf die persönliche Freiheit und auf Art. 8
IR 0.101 Convenzione del 4 novembre 1950 per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU)
CEDU Art. 8 Diritto al rispetto della vita privata e familiare - 1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.
1    Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.
2    Non può esservi ingerenza della pubblica autorità nell'esercizio di tale diritto se non in quanto tale ingerenza sia prevista dalla legge e in quanto costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, l'ordine pubblico, il benessere economico del paese, la prevenzione dei reati, la protezione della salute o della morale, o la protezione dei diritti e delle libertà altrui.
EMRK berufen können. a) Nach der bundesgerichtlichen Rechtsprechung schützt das ungeschriebene Verfassungsrecht der persönlichen Freiheit als zentrales Freiheitsrecht und verfassungsrechtlicher Leitgrundsatz nicht nur die Bewegungsfreiheit und die körperliche Integrität, sondern darüber hinaus alle Freiheiten, die elementare Erscheinungen der Persönlichkeitsentfaltung darstellen; es umfasst "toutes les libertés élémentaires dont l'exercice est indispensable à l'épanouissement de la personne humaine". Die persönliche Freiheit schützt den Bürger in seiner persönlichen Entfaltungsmöglichkeit und der ihm eigenen Fähigkeit, eine gewisse tatsächliche Begebenheit zu würdigen und danach zu handeln. Hierzu gehört auch der Anspruch auf eine persönliche Geheimsphäre (BGE 123 I 112 E. 4a S. 118; BGE 122 I 360 E. 5a S. 362; BGE 120 Ia 147 E. 2a S. 149; BGE 119 Ia 460 E. 5a S. 474, mit Hinweisen). Das Bundesgericht hat wiederholt zum Ausdruck gebracht, dass nicht jeder beliebige Eingriff in den persönlichen Bereich des Bürgers die Berufung auf das ungeschriebene Grundrecht rechtfertige; namentlich habe die persönliche Freiheit nicht die Funktion
BGE 124 I 85 S. 87

einer allgemeinen Handlungsfreiheit, auf die sich der einzelne gegenüber jedem staatlichen Akt, der sich auf seine Lebensgestaltung auswirkt, berufen kann, und schützt daher nicht vor jeglichem physischen oder psychischen Missbehagen. Daher ist eine Grenzziehung des Schutzbereichs der persönlichen Freiheit notwendig und im Einzelfall angesichts von Art und Intensität der Beeinträchtigung zu suchen (BGE 120 Ia 147 E. 2a S. 149; BGE 119 Ia 460 E. 5a S. 474, mit Hinweisen). b) Zur persönlichen Freiheit gehört ein Anspruch auf Geheim- und Intimsphäre (BGE 122 I 360 S. 362; BGE 106 Ia 277 S. 280). Die Erhebung erkennungsdienstlicher Daten und deren Aufbewahrung und Bearbeitung greifen in den Schutzbereich der persönlichen Freiheit ein (BGE 122 I 360 S. 362; BGE 120 Ia 147 E. 2b S. 150). Der Name und dessen Verwendung haben Teil an dieser Privatsphäre (vgl. Urteil des Bundesgerichts in: EuGRZ 1996 S. 329 E. 5c). Es ist jedem einzelnen anheimgestellt, ob und unter welchen Umständen er seinen Namen gegenüber einem beliebigen Dritten bekanntgeben oder vorenthalten will. Eine staatliche Verpflichtung zur öffentlichen Bekanntgabe des Namens greift daher in den Schutzbereich der persönlichen Freiheit ein. Das ist der Grund, weshalb etwa Polizeiorgane zur Vornahme von Identitätskontrollen über eine spezielle gesetzliche Grundlage verfügen müssen (vgl. § 34 Polizeigesetz, BGE 109 Ia 146 E. 3b S. 149). Im gleichen Sinne ist der einzelne nicht gehalten, einen Identitätsausweis mit sich zu tragen (BGE 109 Ia 146 S. 150). Daraus geht hervor, dass eine allgemeine Verpflichtung zum Tragen eines Namensschildes und zur jederzeitigen Offenbarung seiner Identität in die persönliche Freiheit eingreift. Der Umstand, dass Polizeibeamte in einem besondern Rechtsverhältnis zum Staat stehen, schränkt den Schutzbereich der persönlichen Freiheit nicht ein, sondern ist lediglich bei der Frage der Rechtfertigung unter dem Gesichtswinkel der gesetzlichen Grundlage, des öffentlichen Interesses und der Verhältnismässigkeit zu berücksichtigen. Entgegen der Auffassung von Regierungsrat und Grossem Rat vermag daran das Namensrecht des Zivilgesetzbuches nichts zu ändern. Art. 29
SR 210 Codice civile svizzero del 10 dicembre 1907
CC Art. 29 - 1 Se a qualcuno è contestato l'uso del proprio nome, egli può chiederne in giudizio il riconoscimento.
1    Se a qualcuno è contestato l'uso del proprio nome, egli può chiederne in giudizio il riconoscimento.
2    Ove alcuno subisca pregiudizio per il fatto che altri usurpi il proprio nome, può chiedere in giudizio la cessazione dell'usurpazione stessa. In caso di colpa può chiedere il risarcimento del danno, e quando la natura dell'offesa lo giustifichi, il pagamento di una somma a titolo di riparazione morale.
und 30
SR 210 Codice civile svizzero del 10 dicembre 1907
CC Art. 30 - 1 Il governo del Cantone di domicilio può, per motivi degni di rispetto, autorizzare una persona a cambiare nome.40
1    Il governo del Cantone di domicilio può, per motivi degni di rispetto, autorizzare una persona a cambiare nome.40
2    ...41
3    Chi da tale cambiamento fosse pregiudicato nei suoi diritti può contestarlo davanti al giudice, entro un anno da quando ne ebbe conoscenza.
ZGB umschreiben lediglich das Recht auf den eigenen Namen und den Namensschutz und haben daher keinen Bezug zur Frage, ob und unter welchen Umständen der Name vom Namensträger selber bekanntzugeben sei. c) Der Beschwerdeführer beruft sich ferner auf Art. 8 Ziff. 1
IR 0.101 Convenzione del 4 novembre 1950 per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU)
CEDU Art. 8 Diritto al rispetto della vita privata e familiare - 1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.
1    Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.
2    Non può esservi ingerenza della pubblica autorità nell'esercizio di tale diritto se non in quanto tale ingerenza sia prevista dalla legge e in quanto costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, l'ordine pubblico, il benessere economico del paese, la prevenzione dei reati, la protezione della salute o della morale, o la protezione dei diritti e delle libertà altrui.
EMRK. Danach hat jedermann Anspruch auf Achtung seines Privatlebens.
BGE 124 I 85 S. 88

Diese Garantie deckt sich im hier zu beurteilenden Bereich mit derjenigen der persönlichen Freiheit und geht nicht darüber hinaus (BGE 122 I 360 E. 5a S. 362).
3. Die allgemeine Verpflichtung zum Tragen von Namensschildern stellt demnach einen Eingriff in die persönliche Freiheit dar und betrifft die Garantie von Art. 8
IR 0.101 Convenzione del 4 novembre 1950 per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU)
CEDU Art. 8 Diritto al rispetto della vita privata e familiare - 1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.
1    Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.
2    Non può esservi ingerenza della pubblica autorità nell'esercizio di tale diritto se non in quanto tale ingerenza sia prevista dalla legge e in quanto costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, l'ordine pubblico, il benessere economico del paese, la prevenzione dei reati, la protezione della salute o della morale, o la protezione dei diritti e delle libertà altrui.
EMRK. Einschränkungen der persönlichen Freiheit bzw. von Art. 8
IR 0.101 Convenzione del 4 novembre 1950 per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU)
CEDU Art. 8 Diritto al rispetto della vita privata e familiare - 1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.
1    Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.
2    Non può esservi ingerenza della pubblica autorità nell'esercizio di tale diritto se non in quanto tale ingerenza sia prevista dalla legge e in quanto costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, l'ordine pubblico, il benessere economico del paese, la prevenzione dei reati, la protezione della salute o della morale, o la protezione dei diritti e delle libertà altrui.
EMRK sind zulässig, wenn sie auf einer gesetzlichen Grundlage beruhen, im öffentlichen Interesse liegen, verhältnismässig sind und den Kerngehalt des Grundrechts nicht verletzen bzw. wenn sie den Kriterien von Art. 8 Ziff. 2
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CEDU Art. 8 Diritto al rispetto della vita privata e familiare - 1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.
1    Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.
2    Non può esservi ingerenza della pubblica autorità nell'esercizio di tale diritto se non in quanto tale ingerenza sia prevista dalla legge e in quanto costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, l'ordine pubblico, il benessere economico del paese, la prevenzione dei reati, la protezione della salute o della morale, o la protezione dei diritti e delle libertà altrui.
EMRK entsprechen (BGE 122 I 360 E. 5b S. 363; BGE 119 Ia 460 E. 5d S. 478, mit Hinweisen). Es ist im folgenden zu prüfen, ob die Verpflichtung der Polizeibeamten zum Tragen eines Namensschildes diesen verfassungs- und konventionsmässigen Anforderungen genügt. Der Beschwerdeführer stellt nicht in Abrede, dass mit der angefochtenen Bestimmung des Polizeigesetzes eine hinreichende gesetzliche Grundlage geschaffen werden soll. Hingegen macht er geltend, die Verpflichtung liege nicht im überwiegenden öffentlichen Interesse und sei unverhältnismässig. a) Die Pflicht zum Tragen von Namensschildern wird im wesentlichen mit einem gewandelten Verständnis der Staatsgewalt in einem demokratischen Rechtsstaat begründet. An die Stelle der anonymen Polizeigewalt soll im Verkehr mit dem Publikum ein Beamter treten, dessen Name dem Bürger bekannt gemacht wird. Im Sinne der Bürgernähe soll mit der Namenskundgabe eine offene Kommunikation zwischen dem Bürger und dem Polizeibeamten ermöglicht werden. Der Gesetzgeber ging davon aus, dass Menschen miteinander anders umgehen, wenn sie voneinander den Namen kennen, und dass darin die Chance zu einem Neuanfang im Verhältnis von Polizei und Bürgern liege. Aus der Vernehmlassung des Regierungsrates geht weiter hervor, dass mit dem Tragen von Namensschildern bewusst ein Schritt über die heutigen Dienstvorschriften hinausgegangen werden soll. Nach diesen erfolgt die Kontaktaufnahme mit dem Bürger durch Gruss bzw. durch Handanlegen sowie gegebenenfalls durch Vorstellen mit dem Namen; wird der Polizeibeamte nach seinem Namen gefragt, so ist dem Ersuchen Folge zu leisten und ist die Visitenkarte unaufgefordert abzugeben. Diese Gründe belegen das Bemühen des Gesetzgebers, die Polizei in einem zeitgemässen Bild erscheinen zu lassen. Die angestrebte Bürgernähe erscheint dabei nicht nur als Selbstzweck. Sie soll vielmehr zu vermehrtem Respekt gegenüber der Polizei und damit
BGE 124 I 85 S. 89

letztlich zu einem ungezwungeneren Verhältnis zwischen den Bürgern und den Polizeibeamten beitragen. Damit verfolgt der Gesetzgeber öffentliche Interessen, welche einen Grundrechtseingriff wie das Tragen von Namensschildern grundsätzlich zu rechtfertigen vermögen. Demgegenüber macht der Beschwerdeführer insbesondere geltend, das Tragen von Namensschildern stelle die Polizeibeamten gegenüber der Allgemeinheit permanent aus. Diese sähen sich ganz allgemein zunehmender Respektlosigkeit und Intoleranz von seiten der Bürger ausgesetzt und hätten daher ein gewichtiges Interesse daran, ihren Namen nicht gegenüber jedermann kenntlich machen zu müssen. Es sei auch zu befürchten, dass die Polizeibeamten und ihre Familien vermehrt durch private Telefonanrufe belästigt oder gar terrorisiert würden. Solche Befürchtungen sind durchaus ernst zu nehmen. Sie können indessen kaum auf das Tragen von Namensschildern zurückgeführt werden. Mit dieser Argumentation wird übersehen, dass gerade die unaufgeforderte Namensbekanntgabe mittels Namensschild dazu beitragen soll, Anstand und Respekt der Bürger gegenüber den Polizeibeamten zu fördern. Es ist in der Tat nicht von der Hand zu weisen, dass die Kommunikation zwischen Polizeibeamten und Bürgern verbessert und der Respekt gefördert wird, wenn sich der Bürger nicht einem anonymen Beamten, sondern einer Person mit Namen gegenübersieht. Überdies sind Belästigungen im Privatbereich, wie der Beschwerdeführer darlegt, bereits bisher vorgekommen, weil die betroffenen Polizeibeamten schon bekannt waren, ihren Namen entsprechend der Dienstvorschrift bekanntgegeben haben oder aufgrund von Nachfragen und der Eintragungen im polizeilichen Tourenbuch ausfindig gemacht worden sind. Dass die Namensanschrift solche Angriffe auf Polizeibeamten fördern könnten, ist nicht anzunehmen; die positiven Erfahrungen der Polizei in andern Kantonen mit Namensschildern sprechen eher dagegen (vgl. den Bericht zu den Erfahrungen in Luzern in: NZZ vom 23. Juli 1997 S. 26).
Mit dem Tragen des Namensschildes werden die Polizeibeamten einer gewissen Kontrolle durch die Öffentlichkeit ausgesetzt. Das mag - über das bereits Erwähnte hinaus - gewisse Befürchtungen wecken. In der Vernehmlassung des Regierungsrates wird denn auch festgehalten, dass die Wahrnehmung der Amtspflichten der Polizei häufig unter den Augen einer breiteren Öffentlichkeit stattfindet, diese insofern eine gewisse Kontrolle ausübt und demnach allfälligen
BGE 124 I 85 S. 90

Pflichtverletzungen leichter nachgegangen werden kann. Die damit verbundene Transparenz bezieht sich allein auf die Amtsausübung und betrifft die Beamten nicht in ihrer persönlichen Freiheit. In ähnlicher Weise eröffnet der Grundsatz der Öffentlichkeit von Gerichtsverhandlungen im Sinne von Art. 6 Ziff. 1
IR 0.101 Convenzione del 4 novembre 1950 per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU)
CEDU Art. 6 Diritto ad un processo equo - 1. Ogni persona ha diritto ad un'equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole, davanti a un tribunale indipendente e imparziale costituito per legge, al fine della determinazione sia dei suoi diritti e dei suoi doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta. La sentenza deve essere resa pubblicamente, ma l'accesso alla sala d'udienza può essere vietato alla stampa e al pubblico durante tutto o una parte del processo nell'interesse della morale, dell'ordine pubblico o della sicurezza nazionale in una società democratica, quando lo esigono gli interessi dei minori o la tutela della vita privata delle parti nel processo, nella misura giudicata strettamente necessaria dal tribunale quando, in speciali circostanze, la pubblicità potrebbe pregiudicare gli interessi della giustizia.
1    Ogni persona ha diritto ad un'equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole, davanti a un tribunale indipendente e imparziale costituito per legge, al fine della determinazione sia dei suoi diritti e dei suoi doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta. La sentenza deve essere resa pubblicamente, ma l'accesso alla sala d'udienza può essere vietato alla stampa e al pubblico durante tutto o una parte del processo nell'interesse della morale, dell'ordine pubblico o della sicurezza nazionale in una società democratica, quando lo esigono gli interessi dei minori o la tutela della vita privata delle parti nel processo, nella misura giudicata strettamente necessaria dal tribunale quando, in speciali circostanze, la pubblicità potrebbe pregiudicare gli interessi della giustizia.
2    Ogni persona accusata di un reato è presunta innocente sino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata.
3    Ogni accusato ha segnatamente diritto a:
a  essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in un modo dettagliato, della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico;
b  disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie per preparare la sua difesa;
c  difendersi da sé o avere l'assistenza di un difensore di propria scelta e, se non ha i mezzi per ricompensare un difensore, poter essere assistito gratuitamente da un avvocato d'ufficio quando lo esigano gli interessi della giustizia;
d  interrogare o far interrogare i testimoni a carico ed ottenere la convocazione e l'interrogazione dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico;
e  farsi assistere gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nell'udienza.
EMRK einem breiten Publikum die Möglichkeit der Kontrolle der Gerichte (vgl. BGE 119 Ia 99 S. 104). Angesichts der mit der Namensanschrift verbundenen Transparenz ist es in erster Linie Sache der Polizei selbst, für eine korrekte Amtsausübung besorgt zu sein (vgl. BGE 109 Ia 273 S. 299). Der Beschwerdeführer erachtet es ferner aus zwei weiteren Gründen für unzulässig, dass die Polizeibeamten namensmässig ständig der Öffentlichkeit ausgesetzt sind. Zum einen hätten diese entsprechend der genannten Dienstvorschrift ihren Namen gegenüber einer bestimmten Person ohnehin bekanntzugeben. Dem kann entgegengehalten werden, dass der Polizeibeamte nach der Dienstvorschrift nicht ohne weiteres seinen Namen bekanntgibt und dass der betroffene Bürger allenfalls nach dem Namen zu fragen hat und die Visitenkarte lesen muss. Allein schon dieser Umstand kann Spannungen hervorrufen, welchen mit der Namensanschrift zum vornherein begegnet wird. Zum andern möchte der Beschwerdeführer die eigentlichen Amtshandlungen gegenüber bestimmten Bürgern von der allgemeinen Tätigkeit des Patrouillierens, Kontrollierens und Beobachtens unterscheiden. Beide Bereiche gehören indessen zu den dienstlichen Obliegenheiten und vermögen Unterscheidungen kaum zu rechtfertigen. Der Übergang kann denn auch durchaus fliessend sein, wenn der "nur" patrouillierende, kontrollierende und beobachtende Beamte wegen eines speziellen Vorkommnisses eingreift oder wenn er von einem Bürger angesprochen wird. Gerade in letzterem Falle vermag die Namensanschrift die Kommunikation zwischen Bürger und Polizei zu erleichtern. Bei dieser Sachlage können öffentliche Interessen an der Verpflichtung zum Tragen von Namensschildern nicht verneint werden. b) Die Verpflichtung erweist sich ebenso als verhältnismässig. Der Eingriff in den Schutzbereich der persönlichen Freiheit ist nicht schwer. Wie dargetan, sind die Polizeibeamten den Umständen entsprechend schon bisher verpflichtet, ihren Namen bekanntzugeben, und ist es aufgrund von Nachfragen möglich, die Identität eines Polizeibeamten in Erfahrung zu bringen. Beschuldigungen und Belästigungen sollen daher schon bisher vorgekommen sein. Bereits
BGE 124 I 85 S. 91

besteht für die Kader der Polizei die Pflicht zum Tragen von Namensschildern. Auch wenn deren Situation mit derjenigen von Polizeibeamten im Ordnungsdiensteinsatz nicht ohne weiteres verglichen werden kann, hatte diese Massnahme anscheinend keine negativen Auswirkungen. Im übrigen tragen heute auch die (mit der Uniform von 1990 ausgerüsteten) Angehörigen der Armee den Namen, und zwar nicht nur im Truppenverband, sondern mit dem Dienstanzug auch beim Einrücken und bei der Rückkehr sowie im Ausgang. Es darf auch berücksichtigt werden, dass die Erfahrungen mit Namensschildern in den Kantonen Basel-Landschaft, Luzern und Solothurn positive Ergebnisse gezeitigt haben (vgl. den Hinweis in E. 3a). Schliesslich ist auf die neue Polizeiverordnung hinzuweisen, die im Rahmen der abstrakten Normkontrolle mitberücksichtigt werden darf (BGE 119 Ia 460 S. 473). Nach § 9 wird auf dem Namensschild lediglich der Nachname aufgeführt, wird im geführten Einsatz des unfriedlichen Ordnungsdienstes lediglich eine individualisierende Kennzeichnung getragen und erfolgt der geführte Einsatz von Sondereinheiten ohne jede Kennzeichnung. Diese Regelung zeigt, dass die Verpflichtung zum Tragen von Namensschildern den Umständen entsprechend zum einen verhältnismässig gehandhabt werden soll und dass der Namensbekanntgabe zum andern für diejenigen Situationen Gewicht beigemessen wird, in denen der Polizeibeamte in eigentlichen Kontakt mit dem Bürger tritt bzw. treten kann. Der Beschwerdeführer bezeichnet das Bemühen des Gesetzgebers um Bürgernähe als Schlagwort und Wunschdenken und die Verpflichtung zum Tragen von Namensschildern als ungeeignetes Mittel. Eine abschliessende Beurteilung von solchen Massnahmen unter dem Gesichtswinkel der Geeignetheit und Zielerreichung fällt im Rahmen der abstrakten Normkontrolle nicht leicht. Es ist zu berücksichtigen, dass die Umschreibung der Aufgaben der Polizei im Rahmen des Verfassungsrechts in erster Linie dem Gesetzgeber obliegt. Es ist eine weitgehend politische Frage, welches Bild die Polizei abgeben und wie sie dem Bürger begegnen soll. Dem Gesetzgeber kommt dabei ein grosser Gestaltungsspielraum zu, hinsichtlich der vorliegenden Streitfrage um so mehr, als der Grundrechtseingriff nicht als schwer bezeichnet werden kann. In Anbetracht dieses weiten Spielraums des Gesetzgebers, aber auch dessen Bemühens, das Verhältnis von Bürgern und Polizei im Sinne der Bürgernähe zu verbessern, dürfen an die Kriterien der Geeignetheit und Erforderlichkeit keine strengen Massstäbe angelegt werden.
BGE 124 I 85 S. 92

Gesamthaft gesehen erscheint die angefochtene Massnahme nicht als ungeeignet, zu einem offenen Verhältnis zwischen den Polizeibeamten und der Bevölkerung und zu einem Abbau von Spannungen beizutragen. Damit kann die Bildung grösseren Vertrauens in die Polizei verbunden sein. Aufgrund dieser Erwägungen ergibt sich daher, dass die Verpflichtung der uniformierten Polizeibeamten zum Tragen von Namensschildern im öffentlichen Interesse liegt und verhältnismässig ist. Die Rüge der Verletzung der persönlichen Freiheit und von Art. 8
IR 0.101 Convenzione del 4 novembre 1950 per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU)
CEDU Art. 8 Diritto al rispetto della vita privata e familiare - 1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.
1    Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.
2    Non può esservi ingerenza della pubblica autorità nell'esercizio di tale diritto se non in quanto tale ingerenza sia prevista dalla legge e in quanto costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, l'ordine pubblico, il benessere economico del paese, la prevenzione dei reati, la protezione della salute o della morale, o la protezione dei diritti e delle libertà altrui.
EMRK erweist sich daher als unbegründet.
Informazioni decisione   •   DEFRITEN
Documento : 124 I 85
Data : 23. aprile 1998
Pubblicato : 31. dicembre 1998
Sorgente : Tribunale federale
Stato : 124 I 85
Ramo giuridico : DTF - Diritto costituzionale
Oggetto : Libertà personale, obbligo imposto agli agenti di polizia di portare targhette con il proprio nome. L'obbligo di portare


Registro di legislazione
CC: 29 
SR 210 Codice civile svizzero del 10 dicembre 1907
CC Art. 29 - 1 Se a qualcuno è contestato l'uso del proprio nome, egli può chiederne in giudizio il riconoscimento.
1    Se a qualcuno è contestato l'uso del proprio nome, egli può chiederne in giudizio il riconoscimento.
2    Ove alcuno subisca pregiudizio per il fatto che altri usurpi il proprio nome, può chiedere in giudizio la cessazione dell'usurpazione stessa. In caso di colpa può chiedere il risarcimento del danno, e quando la natura dell'offesa lo giustifichi, il pagamento di una somma a titolo di riparazione morale.
30
SR 210 Codice civile svizzero del 10 dicembre 1907
CC Art. 30 - 1 Il governo del Cantone di domicilio può, per motivi degni di rispetto, autorizzare una persona a cambiare nome.40
1    Il governo del Cantone di domicilio può, per motivi degni di rispetto, autorizzare una persona a cambiare nome.40
2    ...41
3    Chi da tale cambiamento fosse pregiudicato nei suoi diritti può contestarlo davanti al giudice, entro un anno da quando ne ebbe conoscenza.
CEDU: 6 
IR 0.101 Convenzione del 4 novembre 1950 per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU)
CEDU Art. 6 Diritto ad un processo equo - 1. Ogni persona ha diritto ad un'equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole, davanti a un tribunale indipendente e imparziale costituito per legge, al fine della determinazione sia dei suoi diritti e dei suoi doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta. La sentenza deve essere resa pubblicamente, ma l'accesso alla sala d'udienza può essere vietato alla stampa e al pubblico durante tutto o una parte del processo nell'interesse della morale, dell'ordine pubblico o della sicurezza nazionale in una società democratica, quando lo esigono gli interessi dei minori o la tutela della vita privata delle parti nel processo, nella misura giudicata strettamente necessaria dal tribunale quando, in speciali circostanze, la pubblicità potrebbe pregiudicare gli interessi della giustizia.
1    Ogni persona ha diritto ad un'equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole, davanti a un tribunale indipendente e imparziale costituito per legge, al fine della determinazione sia dei suoi diritti e dei suoi doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta. La sentenza deve essere resa pubblicamente, ma l'accesso alla sala d'udienza può essere vietato alla stampa e al pubblico durante tutto o una parte del processo nell'interesse della morale, dell'ordine pubblico o della sicurezza nazionale in una società democratica, quando lo esigono gli interessi dei minori o la tutela della vita privata delle parti nel processo, nella misura giudicata strettamente necessaria dal tribunale quando, in speciali circostanze, la pubblicità potrebbe pregiudicare gli interessi della giustizia.
2    Ogni persona accusata di un reato è presunta innocente sino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata.
3    Ogni accusato ha segnatamente diritto a:
a  essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in un modo dettagliato, della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico;
b  disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie per preparare la sua difesa;
c  difendersi da sé o avere l'assistenza di un difensore di propria scelta e, se non ha i mezzi per ricompensare un difensore, poter essere assistito gratuitamente da un avvocato d'ufficio quando lo esigano gli interessi della giustizia;
d  interrogare o far interrogare i testimoni a carico ed ottenere la convocazione e l'interrogazione dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico;
e  farsi assistere gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nell'udienza.
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IR 0.101 Convenzione del 4 novembre 1950 per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU)
CEDU Art. 8 Diritto al rispetto della vita privata e familiare - 1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.
1    Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.
2    Non può esservi ingerenza della pubblica autorità nell'esercizio di tale diritto se non in quanto tale ingerenza sia prevista dalla legge e in quanto costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, l'ordine pubblico, il benessere economico del paese, la prevenzione dei reati, la protezione della salute o della morale, o la protezione dei diritti e delle libertà altrui.
Registro DTF
106-IA-277 • 109-IA-146 • 109-IA-273 • 119-IA-460 • 119-IA-99 • 120-IA-147 • 122-I-360 • 123-I-112 • 124-I-85
Parole chiave
Elenca secondo la frequenza o in ordine alfabetico
libertà personale • legge sulla polizia • consiglio di stato • basilea città • comunicazione • quesito • ricorso di diritto pubblico • tribunale federale • restrizione di un diritto costituzionale • legittimazione • rapporto tra • sfera privata • polizia • protezione del nome • diritto costituzionale • servizio d'ordine • posto • peso • codice civile svizzero • fattispecie
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