Urteilskopf

106 Ia 323

55. Estratto della sentenza 7 maggio 1980 della I Corte di diritto pubblico nella causa Chiesa c. Patriziato generale d'Onsernone, Terribilini e Tribunale amministrativo del Cantone Ticino (ricorso di diritto pubblico)
Regeste (de):

Regeste (fr):

Regesto (it):


Sachverhalt ab Seite 324

BGE 106 Ia 323 S. 324

Mediante avviso pubblicato nel Foglio ufficiale del 31 ottobre 1978, l'Ufficio patriziale del Patriziato generale d'Onsernone mise a pubblico concorso l'affitto dei propri alpi per il periodo 1979-1984. Il 6 novembre 1978 Marco Chiesa inoltrò la sua offerta segnatamente per l'alpe "Crenello e Boscaccio", facendo valere un diritto preferenziale all'aggiudicazione dedotto dall'art. 11 del decreto esecutivo della LF 12 giugno 1951 sulla conservazione della proprietà fondiaria agricola, del 18 gennaio 1974 (DE-LPF in Raccolta delle leggi vigenti del Cantone Ticino, vol. IX n. 384). Nella seduta del 20 dicembre 1978, l'Ufficio patriziale risolse di deliberare "Crenello e Boscaccio" a Piergiorgio Terribilini per il canone annuo di Fr. 200.-- e di ritenere "nulla" l'offerta di Chiesa poiché in contrasto con l'avviso di concorso. In data 4 gennaio 1979, Marco Chiesa impugnò la risoluzione concernente l'alpe "Crenello e Boscaccio" dinanzi al Consiglio di Stato, chiedendo l'annullamento della deliberazione, il riconoscimento del suo diritto preferenziale alle stesse condizioni d'aggiudicazione dell'altro concorrente o alle condizioni fissate dalla Commissione cantonale dei fitti agricoli (CCFA), ed in subordine l'annullamento della procedura di pubblico concorso. Il ricorrente allegò in sostanza la violazione degli art. 11 DE-LPF e 4 § cpv. 2 del decreto esecutivo d'applicazione della LF 21 dicembre 1960 concernente il controllo dei fitti agricoli, del 22 novembre 1961 (DE-LCFA in Raccolta delle leggi vigenti del Cantone Ticino, vol. IX n. 385). Il Consiglio di Stato respinse il gravame con decisione del 21 maggio 1979, confermata poi su ricorso dal Tribunale cantonale amministrativo (TCA) il
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22 agosto successivo. Secondo i giudici cantonali, la legislazione applicabile assegnava a parità con altri concorrenti e nei limiti del canone massimo consentito dalla CCFA un diritto preferenziale a favore dell'affittuario precedente, qualità che faceva difetto a Marco Chiesa: quest'ultimo, infatti, non aveva partecipato al concorso pubblicato dall'Ufficio patriziale nel 1973 e, pur avendo utilizzato di fatto l'alpe per il precedente periodo (1973-1978), non aveva comunque privato Terribilini dello status d'affittuario precedente che gli derivava della circostanza d'esser stato formalmente l'aggiudicatario dell'alpe per il detto periodo, solvendo a questo titolo il canone annuale. Con tempestivo ricorso di diritto pubblico fondato sulla violazione dell'art. 4
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Cost. (per arbitrio e diniego formale di giustizia), Marco Chiesa è insorto contro la sentenza del TCA, chiedendo al Tribunale federale di annullarla e protestando spese e ripetibili.
Erwägungen

Dai considerandi:

3. Con il suo gravame, il ricorrente lamenta arbitrio e diniego formale di giustizia nella procedura di delibera, rimproverando alle precedenti istanze d'avergli negato a torto un diritto preferenziale, d'aver riconosciuto altrettanto a torto a Piergiorgio Terribilini la qualifica d'affittuario precedente, e d'aver quindi a torto assegnato a quest'ultimo l'affitto dell'alpe patriziale. a) Secondo costante giurisprudenza, chi partecipa - come il ricorrente - ad un pubblico concorso per ottenere l'aggiudicazione di lavori o l'affitto di beni non ha la possibilità di impugnare con ricorso di diritto pubblico (né d'altronde con ricorso di diritto amministrativo) l'atto con cui l'autorità statale si determina a favore d'un altro concorrente con il quale concluderà poi il relativo contratto d'appalto o di locazione. Giusta l'art. 84 cpv. 1
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OG, il ricorso di diritto pubblico per violazione dei diritti costituzionali del cittadino è infatti aperto soltanto contro decisioni e decreti cantonali. Ora, per decisioni ai sensi di codesto articolo, vanno intesi quei giudizi concreti attraverso i quali l'autorità, agendo quale titolare del pubblico potere e con atto d'imperio, crea, modifica, sopprime o accerta un determinato rapporto giuridico fra i privati e lo Stato (v. DTF 104 Ia 150 consid. 1; DTF 102 Ia 536 consid. 1; DTF 98 Ia 510 consid. 1; MARTI, Die staatsrechtliche Beschwerde, IV ediz., pag.
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87; AUBERT, Traité de droit constitutionnel suisse, n. 1658). Queste caratteristiche non sono riconosciute alla decisione con cui l'ente pubblico aggiudica a un privato o ad un'impresa privata lavori messi a pubblico concorso; il Tribunale federale ritiene infatti che la risoluzione di deliberare lavori a un concorrente, se rappresenta un atto amministrativo in senso lato, non costituisce però decisione impugnabile con ricorso di diritto pubblico poiché le manca il carattere d'atto d'imperio dell'autorità statale ai sensi dell'art. 84 OG: essa non regola infatti unilateralmente ed in modo imperativo un rapporto giuridico fra due parti, ma abilita soltanto l'ente pubblico a concludere un contratto d'appalto o d'affitto con l'aggiudicatario (v. DTF 103 Ib 156 /57 consid. 2a e 4; DTF 101 IV 410 /11 consid. 1b; DTF 91 I 187 consid. 3; DTF 60 I 369; ZBl 76/1975, pag. 476; GAAC 1976 n. 55 pagg. 20 e 26; sentenza 23 gennaio 1974 in re W. & Cie AG, in BORGHI, Giurisprudenza amministrativa ticinese, n. 938; sentenza inedita 6 novembre 1968 in re Canonica, consid. 3; sentenza inedita 8 maggio 1978 in re Regazzi, consid. 2). Con la delibera l'ente pubblico non può infatti imporre autoritariamente al privato l'esecuzione di determinati lavori a condizioni da esso stesso indicate, ma si limita invece ad accettare un'offerta e scartare le altre secondo precisi criteri stabiliti dalla legge (cfr. GYGI, Bundesverwaltungsrechtspflege, pag. 105). Da questa giurisprudenza, non condivisa invero da tutti gli autori (cfr. i riferimenti in KÖLZ, Kommentar zum Verwaltungsrechtspflegegesetz des Kantons Zürich, al § 19 n. 47), ma costantemente confermata dal Tribunale federale dal 1934 in poi non v'è ragione di scostarsi in assenza d'una riforma legislativa, la cui opportunità giuridico-politica è d'altronde negata in dottrina (cfr. GYGI, op.cit., ibidem). b) Giusta l'art. 88 OG, la veste per interporre ricorso di diritto pubblico spetta ai privati o agli enti collettivi che si trovano lesi nei loro diritti da decreti o decisioni che li riguardano personalmente o che rivestono carattere obbligatorio generale. Il rimedio è dunque dato ai cittadini e agli enti collettivi solo per proteggere interessi che appartengono loro in proprio e che rivestono un'importanza giuridica: esso è invece inammissibile se proposto per tutelare l'interesse generale o per salvaguardare interessi di mero fatto (v. DTF 104 Ia 152 consid. 2a; DTF 103 Ia 68 consid. 1; DTF 98 Ia 654). Ora, colui che partecipa ad una gara
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d'appalto disposta dall'ente pubblico non ha, di regola, alcun diritto all'ottenimento della delibera, cioè all'aggiudicazione del lavoro o dell'affitto e, rispettivamente, alla conclusione dei relativi contratti, né può dunque pretendere che la scelta dell'autorità cada su sé stesso anziché su di un terzo: ciò significa, in altre parole, che gli interessi giuridicamente protetti del concorrente non possono esser lesi dal fatto che l'autorità abbia scartato la sua offerta, favorendo invece un altro candidato. Ne consegue che i ricorsi di diritto pubblico proposti da partecipanti non considerati in una gara d'appalto sono per principio irricevibili poiché codesti partecipanti non hanno alcun diritto - come tale tutelabile dinanzi al Tribunale federale - di vedersi assegnato l'appalto stesso (v. DTF 104 Ia 154; DTF 89 I 278 /80 consid. 2; sentenze 26 febbraio 1973 in re Camera di commercio, dell'industria e dell'artigianato del Canton Ticino e 17 gennaio 1973 in re G., parzialmente pubblicate in BORGHI, op.cit., ni. 960/961; sentenze inedite 6 novembre 1968 in re Canonica, consid. 2; 8 maggio 1978 in re Regazzi consid. 1a; Aubert, op.cit., n. 1662; MACHERET, La qualité pour recourir, in RDS 94/1975 II pag. 174). c) Secondo la giurisprudenza, il concorrente escluso può tuttavia proporre ricorso di diritto pubblico per contestare la procedura d'aggiudicazione ove siano state violate norme volte non già a consentire all'ente appaltante la giusta scelta dettata dall'interesse pubblico, ma a tutelare gli interessi diretti e reciproci dei concorrenti. Nella misura in cui l'autorità applica siffatte norme nella procedura di delibera - e solo in tal misura - non si può infatti negare né l'esistenza di un atto impugnabile ai sensi dell'art. 84 cpv. 1
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OG, né la legittimazione ricorsuale del candidato giusta l'art. 88 OG: applicando questi disposti, l'ente pubblico delinea infatti direttamente la situazione giuridica dei concorrenti, intervenendo nella sfera di interessi giuridicamente protetti, e l'eventuale disattenzione di questi stessi disposti si risolve in un diniego di giustizia formale, che può esser dedotto al Tribunale federale indipendentemente dalla legittimazione di merito (v. DTF 104 Ia 150 consid. 1 e 154; 91 I 91 consid. 1; 90 I 67 consid. 2; sentenze inedite 6 novembre 1968 in re Canonica, consid. 2; 8 maggio 1978 in re Regazzi, consid. 1a). d) Nella concreta fattispecie, il ricorrente ascrive all'autorità cantonale la disattenzione di una norma (l'art. 11 DE-LPF) che, a parer suo, doveva
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privilegiarlo nei confronti degli altri concorrenti. Questo disposto concede infatti a colui che già è stato aggiudicatario del bene un diritto prioritario o preferenziale da far valere in futuro, e garantisce quindi all'affittuario precedente una posizione giuridicamente privilegiata per la successiva conclusione del contratto d'alpeggio o di pascolo previsto dall'art. 6 DE-LPF. Nella misura in cui l'autorità cantonale, applicando l'art. 11 DE-LPF, ha negato a Marco Chiesa il diritto preferenziale, ovverosia lo status d'affittuario precedente, la sua decisione - che accerta l'inesistenza di un determinato rapporto giuridico fra ricorrente e Patriziato - costituisce atto d'imperio e lede il ricorrente: essa è quindi impugnabile con ricorso di diritto pubblico giusta gli art. 84 e 88 OG. Marco Chiesa non si limita tuttavia a contestare il mancato riconoscimento del suo diritto preferenziale, ma sostiene inoltre che, riconoscendo al resistente Terribilini la qualifica d'affittuario precedente ed assegnando a quest'ultimo l'alpe patriziale senza nemmeno rispettare l'art. 4 § cpv. 2 DE-LCFA, l'autorità cantonale avrebbe violato anche per questo rispetto l'art. 4
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Cost. Sennonché su tal punto l'atto impugnato - pur costituendo una decisione ai sensi dell'art. 84 OG - non lede il ricorrente nella sua posizione giuridica, cioè nei suoi diritti o interessi giuridicamente protetti (v. DTF DTF 104 Ia 152 consid. 2a; DTF 91 I 413 consid. 3; MACHERET, op.cit., pag. 153 segg.). Come più volte sottolineato dalla giurisprudenza, la veste per interporre gravame di diritto pubblico manca, in linea di principio, a chi intende contestare una misura o un decreto dell'autorità che favorisce un terzo in un modo che si pretende illecito (v. DTF 105 Ia 355 /56 consid. 3a; DTF 86 I 284; 85 I 53 consid. 3; sentenza inedita 6 novembre 1968 in re Canonica, consid. 2). Quand'anche Terribilini avesse ottenuto la delibera in palese dispregio dell'art. 4 § cpv. 2 DE-LCFA, che impone (nel caso dei pubblici appalti) la preventiva approvazione dell'affitto da parte della CCFA e sanziona il mancato rispetto della formalità con la nullità della relativa convenzione, il ricorrente non potrebbe dolersene con ricorso di diritto pubblico, poiché il controllo e l'approvazione dei fitti sono stati istituiti nell'interesse generale dell'economia per conservare e consolidare la proprietà agricola ed assicurare di conseguenza l'efficienza dell'agricoltura (v. FF franc. 1960 II 489 segg.). Sotto questo aspetto, il ricorrente si trova quindi nella situazione già descritta del concorrente escluso a vantaggio di un altro, ed
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il gravame risulta così irricevibile per carenza di legittimazione ai sensi dell'art. 88 OG. e) Se ne deve concludere che il ricorso è ammissible solo nella misura in cui il ricorrente lamenta che l'autorità cantonale ha negato arbitrariamente il suo diritto preferenziale ed è caduta in un diniego di giustizia formale.