S. 393 / Nr. 59 Familienrecht (i)
BGE 57 II 393
59. Sentenza 18 settembre 1931 della II a sezione civile in causa P. c. R.
Regeste:
Causa .di paternità. - In materia di figliazione illegittima il giudice non
può esigere prova tale, che gli procuri la «certezza» della paternità,
bastando, a quest'uopo, indizi seri e concludenti. Ove la madre illegittima
pretenda, che i rapporti avuti con altri uomini non possono, per la loro data,
essere causa del concepimento, spetta ad essa la prova, che, per lo stato di
maturanza in cui il figlio venne alle luce, quei rapporti non poterono essere
influenti.
Considerando in diritto:
1. - La questione di sapere, se il convenuto abbia avuto rapporti carnali
coll'attrice nel periodo critico, è di puro fatto e la soluzione datale dal
giudice cantonale vincola questa Corte, a meno che essa non sia in
contraddizione cogli atti o violi principi di diritto federale concernenti
l'onere della prova (art. 81 OG; RU 43 II p. 565; 45 II p. 427 ed altre più
recenti, quali Gamboni c. Stoffel del 22 giugno 1927, Bassi c. Lotti del 18
maggio 1926, ecc.).
La prima di queste eccezioni non fu sollevata nè oggi, nè, nelle forme di
legge, nella dichiarazione di ricorso (art. 67 , nuovo, OGF). Nell'odierna
discussione il rappresentante degli attori ha però sostenuto, che il giudice
cantonale avrebbe violato un principio fondamentale di diritto federale
concernente l'onere della prove esigendo, per ammettere il concubito, che gli
attori gli fornissero prova tale, da ingenerare nel suo animo la «certezza»
che tra la madre dell'infante ed il convenuto fossero intervenuti rapporti
carnali nel periodo critico. È vero
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che, in materia di paternità, la giurisprudenza costante di questa Corte ha
stabilito non potersi esigere una prova diretta nè tale da togliere ogni
dubbio sul fatto del concubito: per la natura stessa del fatto da dimostrare
dovere il giudice ammetterlo, tosto che sia suffragato da una «violenta
presumptio» (violenta presumptio fornicationis). Nondimeno, la tesi degli
attori si appalesa infondata. Parlando di «certezza» il giudice cantonale ha
impiegato una parola impropria e che andava oltre il suo pensiero. Egli l'ha
usata per il termine «convincimento». E che la prova da fornirsi in materia di
paternità, per quanto indiretta e basata su meri indizi creando una
«presunzione violenta» debba pure essere tale da convincere il giudice, è
fuori di dubbio. Nel caso in esame la Corte cantonale non ha richiesto una
prova diretta, ma ammette esplicitamente e rettamente che possa essere solo
indiziaria. E poichè siffatta prova, quantunque suffragata da indizi gravi e
serii, non può assurgere a prova invincibile, cioè ingenerare nell'animo del
giudice la «certezza» assoluta che il fatto da dimostrare sia avvenuto, è
ovvio che il termine «certezza», usato dalla Corte cantonale, altro non può
significare che persuasione o convincimento.
2. - Del rimanente il ricorso non potrebbe essere ammesso anche in base
all'art. 314 cp. 2. La Corte cantonale ha ritenuto che nel periodo critico
l'attrice ha avuto rapporti carnali con altri uomini. La parte ricorrente ha
oggi tentato d'infirmare questo motivo da un doppio punto di vista: anzitutto,
contestando che i testi Bassi e Bertolini fossero fededegni ed in secondo
luogo sostenendo che se anche avessero avuto rapporti carnali coll'attrice, il
primo, com'egli asserisce, nel febbraio del 1928, ed il secondo, il primo
gennaio dello stesso anno, questi rapporti non potrebbero far sorgere seri
dubbi sulla paternità (art. 314 al. 2), l'infante essendo nato in istato di
piena maturanza e dovendosi quindi ammettere che, venuto alla luce il 14
agosto 1928, sia stato concepito nove mesi prima, cioè verso la metà di
novembre dell'anno precedente.
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a) La prima di queste eccezioni non regge, perché l'istanza cantonale, dopo
aver discusso le deposizioni dei testi Bassi e Bertolini e averne rilevato le
manchevolezze, li dichiarò nondimeno attendibili, facendo con ciò uso della
facoltà, che le spetta, di libero ed insindacabile apprezzamento del valore
delle prove e specialmente, tra divergenti deposizioni, dell'attendibilità dei
testi (art. 147 cod. proc. civ. ticinese).
b) Ma non regge neppure la seconda, per riflesso che, a stregua dell'art. 314
al 1, potendo la presunzione di paternità essere dedotta da ogni concubito
avvenuto nell'epoca critica, il convenuto poteva limitarsi a fornire la prova
dell'eccezione «plurium constupratorum», senza che, inoltre, gli incombesse
l'onere di dimostrare che veramente, secondo criteri oggettivi, la gravidanza
era dovuta ai rapporti carnali con uno di questi. Sarebbe stato compito
dell'attrice dimostrare il contrario, vale a dire che, malgrado il concubito
con altri uomini, l'infante, per lo stato di maturità in cui venne alla luce,
non poteva esser stato ingenerato se non da chi aveva avuto con lei rapporti
carnali verso la metà di novembre del 1927. Ma questa prova non fu nemmeno
tentata: dagli atti non risulta che, per lo stato di maturanza in cui venne al
mondo, l'infante abbia dovuto essere concepito prima del principio del 1928.
Il Tribunale federale pronuncia:
Il ricorso è respinto.