228 Staatsrecht.
n. HANDELSUND GEWERBEFREIHEIT
LIBERTE DU COMMERCE ET DE L'INDUSTRIE
31.,Sentenza 18 luglio nella causa Buri contro Ticino.
Costituzionalità di un disposto cantonale che vieta ai fornai, anche
padroni, il lavoro dalle ore 20 del sabbato alle prime ore del lunedi
ela vendita di pane iresco in domenica e durante gli orari stabiliti
par il riposo.
A. siIl decreto legislativo ticinese 29 dicembre 1922 regolante il lavoro
nei panifici e nelle pasticcerie dispone :
Art. 1°: Nei panifici è obbligatorio il riposo domenicale. _
Art. 2°: Il lavoro deve cessare alle 20 del sabato e non può ricominciare
che nelle ore antimeridiane del lunedi successivo.
Art. 3° : Durante questo periodo il lavoro nei panifici è proibito tanto
per il padrone quanto per l'operaio.
Art. 8°: Nelle aziende che hanno panificio e pasticceria, saranno
applicate le disposizioni che riguardano i panifici a meno che la
pasticsieeria fosse prevalente. In ogni modo, resta assolutamente vietata
la confezione e la vendita di pane fresse-in domeniche e durante gli
orari stahiliti per il riposo.
B. Contro questo decreto Federico Buri, panettiere in Lugano, ha
prodotto ricorso al Tribunale federale per violazione degli art. 4 e
31 CF. Esso allega : La restrizione della attività del padrone, come
essa e preVista dal querelato decreto, è arbitraria e implica violazione
dei principi costituzionali della parità di trattamento e della libertà
dell'industria e del commercio. L'art. 31 garantisce il principio della
libera concorrenza : esso pure è violato dai disposti precitati. Il
lavoro for-
Handelsund Gewerbefresheit. N° 31. 229
nito dal panettiere non causa rumori () molestie Speciali incompatibili
col riposo domenicale o coll'ordine pubblico. Serve a bisogni
imprescindibili e giornalieri. Lo Stato non ha il diritto di impedire ai
cittadini l'estrinsecazione della loro forza e volontà di lavoro. È lecito
ammettere che i motivi che hanno indotto il legislatore a vietare anche
ai padroni (e non solo agli operai) il lavoro domenicale non abbiano
valore oggettivo : sono stati ispirati da associazioni di consumo o
da industriali che vendono del pane senza essere fornai. ll ricorrente
conchiude domandando l'annullazione dei disposti del decreto querelato
in quanto concernono il divieto ai padroni panettieri e pasticcieri di
fabbricare e di vendere pane fresco nei giorni e' nelle ore previste.
C. Degli argomenti contenuti nella risposta al ricorso interposta dal
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, si dirà, per quanto occorra,
nei seguenti considerandi :
(Jonsiderando in diriito :
1° ssOltre i disposti precitati, il ricorso impugna anche gli art. 6
e 7 del decreto. Ma essi concernono specialmente i pasticcieri e le
pasticcerie. E poiché il ricorrente si intitola solo panettiere, gli vien
meno la legittimazione attiva di impugnarli. Del resto, quanto si dirà
nei confronti 2, 3 ed 8, vale anche, in sostanza, per. gli art. 6 e ?.
2° Secondo le conclusioni del ricorso, due sono i quesiti risolversi :
a) Se sia compatibile colla Costituzione federale, Specialmente col
principio della libertà dell'industria e del commercio, il divieto
fatto ai padroni fornai di preparare del pane nelle ore indicate nel
decreto querelato.
b) Se lo sia il disposto dell'art. 8, secondo il quale ai fornai è
proibita la vendita di pane fresco in domenica e durante gli orari
stabiliti per il riposo.
Su questa seconda controversia, occorre osservare:
230 Sta atsreeht.
Il divieto di vendere pane iresco è di importanza minore di quello che
consistesse nell'ordinare la chinsnra completa dei magazzeni (dunque anche
di quelli dei fornai) in dati giorni ed ore. Ma anche se il divieto iosse
generale e equivalesse, per i fornai, alla chinsura completa, esso non
sarebbe meno costituzionalmente tollerabile, come risulta dalla costante
pratica delle Autorità federali, secondo la quale malgrado il disposto
dell'art. 31 CF, i Cantoni sono liberi di fissare delle ore e dei giorni
di riposo e Specialmente di ordinare la chiusussra dei magazzeni (v. SALIS
N. 1012 e seg.; 776, 984 e 985; Foglio federale ed. francese 1907 4 p. 641
e seg. ; 1911 1 p. 156 ; RU 20 p. 270 e 35 l p. 721 e le sentenze ivi
citate). Non v'ha motivo per dissentire da questa antica e ben stabilita
giurisprudenza. Tutti i Cantoni conoscono delle restn'zioni di questa
natura ed anche il legislatore federale le ha ritenuto indispensabili nel
dominio di sua competenza, cioè dell'esercizio delle fabbriche (sent-enza
24 maggio 1917 nella causa Bouvier contro Ginevra, considerando 3°).
Dato quindi che il divieto di vendita del pane fresco in domenica non è
censurabile per motivi costituzionali, la questione dell'obbligo fatto ai
fornai (padroni ed operai) di astenersi dal lavoro in certe ore del sabato
e della domenica, diventa, se non 02iosa, almeno di esigua importanza. È
ovvio, infatti, che se i fornai intendono lavorare la notte dal Sabato
alla domenica, si è per poter vendere la domenica il pane fresco cotto
la notte antecedente e non per smerciare il lunedi mattina il pane di
sabato notte o di domenica mattina, diventato nel frattempo stantio.
Ma se pure si vuol considerare questa questione indipendentemente dalla
prima ed attribuirle valore particolare, basta rilevare : Il divieto fatto
anche ai padroni di lavorare nelle ore precitate sarebbe incostituzionale
dal punto di vista dell'art. 4 e anche dell'art. 31 CF, se a suo favore
non potesse venir addotta ragione seria edHandelsund Gewerbefreiheit. N°
31. 231-
indnbhiamente ammissibile. Ma ciò non e. Nella sua risposta al ricorso,
il Consiglio di Stato asserisce : Se si dovesse lasciare facoltativo
ai padroni il lavoro festivo e lassvendita di pane fresco in domenica,
si verrebbe a togliere ogni possibilità di controllo ed a creare una
disparità di trattamento a danno dei proprietari che non escrcitano
essi medesimi la professione del panettiere e del pasticeiere e tale
disparità di trattamento sarebhe precisamente contraria all'art. 4 CF.
Qnesti motivi non sono inammissibili. È ovvio, infatti, che ove il lavoro
iosse lecito ai padroni, grande sarebbe la loro tentazione di adibire
ad esse anche degli operai, mentre poi, trattandosi di lavoro notturno,
che si può fare e si fa ordinariamente in retro botteghe e, coi metodi
moderni, può essere compiuto senza molto rumore, difficile sarebbe agli
agenti di polizia il sopprimere gli abusi. Accettabile è pure il secondo
argomento, quello della disparità di trattamento che sorgerebbe ove il
lavoro fosse lecito ai padroni. È bensi vero che questo argo-
si mento e di indole piuttosto economica e che la restri--
zione invade il campo della libera concorrenza in materia commerciale. Ma,
come questo giudice ebbe già a dichiarare, non sempre le disposizioni che
interessant) ed intralciano il giuoco della libera concorrenza possono
essere senz'altro dichiarate inconciliabili coll'art. 31 CF. Non lo
saranno Specialmente quelle che tendono a ristabilire, tra professionisti
della stessa categoria, la parità di trattamento che si troverebbe
lesa da misura statale lecita e dettata da motivi di ordine pubblico.
Se il divieto in discorso, in sè lecito, non fosse applicato ai padroni,
ne soffrirebbero, come rettamente osserva il Consiglio di Stato, quei
negozi che non sono diretti da un padrone. Si è quindi la parità di
trattamento che il
disposto dell'art. 3 del decreto intende a ragione ripristinare (cfr. RU
44 I p. 4 e seg., Specialmente p. 10).
Infine si rileva che il decreto legislativo querelato fu
232 Staatsreeht.
provocato dall'associazione ticinese dei proprietari di forni (memoria 7
luglio 1912 al Dipartimento cantonale del lavoro) e fu poscia approvato
da tutti i rappresentanti delle associazioni padronali panettieri
e pasticcieri esistenti nel Cantone (v. risposta del' Consiglio di
Stato) ; inoltre, che fra tutti i fornai stabiliti nel Ticino, solo il
ricorrente si è lagnato di una legge che, fatta a loro istanza, non può
lederne sensibilmente gli interessi professionali ; che le disposizioni
concernenti la limitazione del lavoro settimanale ed il riposo fessitivo
sonoss ispirate da considerazioni d'ordine generale e d'igiene sociale
che soverchiano l'interesse privato (sentenza Bouvier contro Ginevra
precitate, p. 5 cons. 3°) e, finalmente, che anche altri Cantoni
conoscono il divieto di lavoro festivo entro certe ore del sabato e la
domenica, senza distinguere tra padrone ed operai (ad es. i Cantoni di
Argovia, Basilea-Città, Zurigo, San-Gallo ecc.). Nel suo decreto dell'
11 agosto 1917 il Cantone di Friborgo ha disposto affatto analogo a
quello dell'art. 3 querelato.
IS Tribunale federale pronuncia .-
Il ricorso è respintc.
III. POLITISCHES STIMMUND WAHLRECHT
DROIT ÉLECTORAL ET DROIT DE VOTE.
32. Arrét du 18 iuillet 1923 dans la cause Blanc et consorts contre
Conseil d'Etat da canton de Fribourg.
Computation de délais en matière d'exercice de droits politiques. '
A. Le 15 janvier 1923, le Grand Conseil du canton de Fribourg a voté une
loi instituant des pensions dePolitisches Stimmund Wahlrecht. N° 32. 233
retraite en faveur des Conseillers d'Etat. Cette loi a été publiée, pour
la dernière fois, dans la Feuille offi, eiellez du canton de Fribourg
du samedi 3 mars 1923.
Le lundi 19 mars, Louis Blanc, député à Bulle, a déposé à la Chanceilerie
d'Etat une demande signée par trente citoyens et tendante à soumettre
cette loi à l'approbation des si électeurs dans la forme prévue ' par la
loi du 13 mai 1921 sur l'exercice du droit d'initiative constitutionnelle
et legislative des citoyens et du droit de referendum . --
Le 7 avril 1923, le Conseil d'Etat de Fribourg, statuant sur cette
demande, a rendu l'an-été suivant: La demande de referendum déposée au
sujet de la loi du 15 février 1923, instituant des pensions de retraite
en faveur des Conseillers d'Etat, est déclarée tardive et ne peut,
en consèquence, étre publiée .
Cette décision est motivée en substance comme suit :
La loi du 13 décembre 1921 dispose, à son art. 24 que la demande de
referendum est déposée à la Chancellerie d'Etat, munie des Signatures
d'au moins vingt cinq citoyens, dans le délai cle 15 jours à partir de la
dernière publication de la loi ou du décret dans la Feuille officielle
. La dernière publication de la loi du 15 février 1923 ayant paru le
samedi 3 mars, le délai pour le dépòt de. la demande de referendum
expirait donc le 18 mars. Pen importe que ce jour là fùt un dimanche.
La procédure de referendum relève du droit public. Or il est de régle,
en droit public, qu'à moins d'une disposition expresse les délais sont
appliqués strictement et ne peuvent ètre prolongés mème si le terme èchoit
un dimanche ou un jour ferie. C'est ainsi, d'ailleurs, que la Cour de
cassation a toujours interprete l'art. 474 al. 1 code proc. pén. en ce
qui concerne le pourvoi en cassation et il y a lieu de relever qu'il y a
identité de termes entre cette disposition et l'art. 24 de la loi du 13
décembre 1921. Cette opinion est du reste conforme au but de l'art. 29
précité. L'intention du legislateur,